Passati i mesi invernali, quasi ci si è dimenticati di cosa sia una bruschetta. Di pomodori, non se ne sono visti molti, salvo quegli esemplari insapori, che di “pomi d’oro” hanno forse solo l’etichetta. Per non parlare, poi, degli aromi: ci si stupisce alla vista di una foglia di basilico, o di un timido rametto di timo.
Malgrado il tempo per gli aperitivi prolungati fin dopo la cena sia ancora di là da venire, si può già riprendere la mano.
Il pane, quello non manca mai. Cresce in dispensa in ogni stagione: è la certezza da cui partire. Segale, indubbiamente. La fedele compagna brunita deve accompagnare anche questo primo tentativo di bruschetta “quasi” primaverile. Farà da base, da fertile zolla di terra, su cui seminare un semplice condimento; il meglio che gli ultimi freddi di marzo possono offrire.
Il rosso squillante delle fette di pomodoro è ancora un sogno lontano. Piuttosto, ci si accontenta di quelle prime pennellate di un arancio verdastro, vagamente arrossato, che modellano le forme dei pomodorini Camone. Roba di Trinacria, siciliana. Laggiù, almeno, deve già fare abbastanza caldo da meritarsi qualche primo frutto di primavera. Qui ci si accontenta dei privilegi dell’importazione.
Aglio, poi; una bella testa bianca, saporita. Niente di particolare, ma che sa ben fare il suo mestiere di accompagnamento. L’ultima chicca, in attesa del giro d’extravergine, la fanno loro: le erbe aromatiche. Nuove venute nei vasetti del davanzale, rimasti vuoti per tutti questi mesi. Cominciare con il basilico sarebbe troppo scontato; per non dire azzardato. Meglio il timo, e il compagno rosmarino: foglioline timide, sottili, che ben rappresentano questa natura in lento risveglio. Al primo tocco, l’aroma si libera: hanno voglia di diffondere il loro profumo in tutta la casa.
Il pane è tostato, pronto ad accogliere gli ingredienti. I pomodori sono spaccati a metà, l’aglio è stato strofinato. Quel giro d’olio citato, una macinata di sale, e una pioggia di petali verdi or ora staccati…
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