La prima mozzarella non si scorda mai. E la prima ricotta al forno, nemmeno.
E neanche la prima scamorza… soprattutto se è una scamorza mai vista, con il cuore ancora liquido di latte. Come fosse appena fatta. Effettivamente, al Centro della Mozzarella, ogni cosa si può dire che sia appena fatta…
Era un tardo pomeriggio di giugno, quello in cui avvenne la scoperta di quell’insolita botteghina. La Risolartista e la sua mamma tornavano dal centro, con i cestini delle biciclette carichi di acquisti freschi freschi. Vestiti estivi, senza dubbio: la stagione era appena cominciata, e i loro armadi, come ogni anno, avevano bisogno di una “rinnovatina”…
Sta di fatto che, visto il numero di sacchetti e sacchettini, i due cestini erano colmi di roba, e pesanti a tal punto da deviare minacciosamente i manubri. Non si poteva aggiungere molto al loro contenuto.
E quest’ultimo dettaglio fu un bene. Un bene che portò a una grande scoperta, e a una nuova passione al sapore di latte.
Prima di rincasare, infatti, bisognava comperare qualcosa per cena. Un formaggio, per la precisione. In frigorifero già attendevano un melone e qualche fetta di prosciutto: mancava giusto una mozzarella, o uno stracchino, che completasse il tutto.
Di andare al supermercato, però, non se ne parlava. A parte la fila (era l’ora di uscita dal lavoro, e dunque il momento di spesa di ogni impiegato medio), con quei due cestini pericolanti non era possibile sopravvivere illesi!
Eppure, la mozzarella per cena ci sarebbe stata proprio bene…
Superato il grande ponte del Corso Lodi (rovente come il suo solito…), alla Risolartista venne un colpo di genio. Perché non deviare in direzione di Via Benaco, proprio dove si ricordava di aver visto un negozio di mozzarelle? Si doveva addirittura chiamare “Centro della Mozzarella”, o qualcosa di simile.
La mamma lì per lì sembrava dubbiosa: era tardi, e il negozio sarebbe stato quasi certamente già chiuso. Tuttavia, si poteva sempre tentare.
E il tentativo fu fatto.
Per anni ci erano passate davanti, senza mai fare troppo caso a cosa ci fosse al di là della vetrina. L’avevano sempre preso per uno di quei posti aperti per caso, che non sarebbero durati molto a lungo, per mancanza di interesse dei clienti. Eppure, a pensarci bene, quell’insegna con la mozzarella al centro spiccava all’angolo di Via Benaco da diverso tempo: fosse stato il solito negozio a caso, sarebbe già stato chiuso. Un motivo valido per tenerlo ancora aperto doveva esserci.
Quel motivo fu ben presto scoperto. E proprio in quella sera di giugno, per giunta.
Mamma e figlia, come deciso, si fermarono davanti a quel piccolo caseificio artigianale (così citava la scritta sul vetro), che era stranamente aperto. Aperto, e con almeno tre o quattro persone a fare la fila fuori.
Per fortuna, entrambe ebbero la buona volontà di aspettare sotto l’ultimo sole del giorno (ancora infuocato, malgrado la tarda ora) e di fare un buon quarto d’ora di sauna doveroso. Finalmente, alla Risolartista fu concesso l’ingresso. Solo a lei, in quanto era chiaramente stampata sulla porta l’indicazione di limitarsi a un componente per famiglia, per non intralciare troppo. E, poi, qualcuno doveva pur controllare le bici pericolanti di pacchetti…
Una volta dentro, sorse il dubbio. Cosa prendere? Solo una mozzarella? Il bancone era straordinariamente pieno di roba: dalle mozzarelle di mille formati, alle scamorze, e molto altro ancora. I cestini delle biciclette, però, erano già troppo pesanti; una sola sfera di latte era abbastanza.
Dunque, l’ordine fu recepito dal commesso, che eseguì all’istante, prelevando il formaggio in questione da una “piscina” affollata di corpuscoli bianchi galleggianti. 250 grammi: questa la “taglia” scelta dall’artista. Ce n’erano di diverse dimensioni, ma, a quell’ora della sera, le alternative disponibili si erano decisamente ridotte. Il cartellino di quella da 125 grammi era solitario accanto alla sua vaschetta, così come quello con scritto 500. Insomma, o era quella la mozzarella, o era una sua vicina di analogo peso!
Avvenuto l’acquisto, le due esploratrici di caseifici (perché, lo ricordiamo, di un caseificio, si trattava) tornarono a casa. E assaggiarono con il babbo la loro prima mozzarella di bufala prodotta fresca di giornata nella Via Benaco.
Fu la prima di una lunga serie. Di una lunga serie, che, però, non si limitò affatto alle mozzarelle. Il piccolo caseificio all’angolo della Via Benaco, infatti, offriva ben altro!
Quello che stupiva, era che fosse un caseificio, e che fosse in Via Benaco. Una via mai troppo considerata, prima, ma che era improvvisamente diventata uno dei posti preferiti dalla Risolartista. Era come se le avessero finalmente tolto due enormi fette di salame che per anni aveva avuto sugli occhi. Entrando nel Centro della Mozzarella, la ragazzina aveva scoperto un mondo nuovo di piccole meraviglie quotidiane, che non si limitavano ai pochi metri quadrati del negozietto. Continuavano anche fuori, lungo tutto il corso della via. Proprio accanto, ad esempio, c’era un insolito ostello con tanto di bistrot sempre affollatissimo di personaggi pittoreschi. Sarebbe stata la prossima esplorazione…
Dopo la prima mozzarella, dunque, ne giunse ben presto una seconda. Se non fu il giorno dopo, fu quello dopo ancora. Di nuovo, le due avventrici si fermarono all’angolo della (ormai amata) Via Benaco, e si misero in fila (sempre inevitabile).
Quella volta, però, la Risolartista rimase dentro un bel po’: i cestini erano scarichi, e trepidanti di accogliere acquisti al sapore di latte. Si lasciò prendere la mano, insomma. Dopo ben tre mozzarelle (ma da 125 grammi, teniamo a precisare!), si fece dare anche una scamorza ancora gocciolante da quanto era fresca, e una bella ricotta al forno dalla superficie indorata. Quest’ultima, sembrava davvero invitante.
Possibile che tutti i prodotti che erano sul bancone sembrassero appena fatti? Possibilissimo. Gran parte dei formaggi erano prodotti ogni mattina, proprio nel retrobottega del negozio. In Via Benaco.
L’artista era estasiata: non avrebbe mai pensato che, all’alba, la Via Benaco fosse ormai abituata a svegliarsi con il rumore di qualcuno che si affaccendava a fare mozzarelle. E ricotte. E scamorze.
Meraviglioso.
Meraviglioso era tutto quel piccolo caseificio all’angolo della strada, in cui, a ogni occhiata gettata sugli scaffali, veniva voglia di aggiungere qualcosa alla lista degli acquisti. Potete ben immaginare come lo scontrino finale che fu stampato e consegnato nella mano della Risolartista risultò piuttosto lungo. Tre mozzarelle da 125 grammi l’una, una scamorza, una ricotta al forno, un cacioricotta e… un barattolo enorme di carciofi sott’aceto. Si potevano comprare anche quelli, ormai, nella cara e pittoresca Via Benaco…
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