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Terra Lacustre su tagliolino da Galleria dell’Umbria

Tagliolini tartufo aglio melanzana

Qualsiasi artista in cerca di cultura e ispirazione in territorio perugino ha un posto ben noto in cui fermare i suoi passi.

La Galleria Nazionale dell’Umbria.

Tempio di pittura e arte italiana, con uno spiccato accento locale. Colpa (o merito) di quei capolavori che portano la firma di Pietro Vannucci, meglio noto come “il Perugino”.

Al di là dei soggetti in sé, in linea con il gusto religioso dell’epoca, ciò che più colpisce l’occhio pittoresco è lo sfondo. L’ambientazione.

Non capita tutti i giorni di vedere un’Adorazione dei Magi avvenuta in una capanna a pochi passi dal Trasimeno. Ancor più raro è cogliere l’Annunciazione in un bel palazzo affacciato sui colli che circondano le stesse acque lacustri.

Il Perugino, da bravo “promoter” del suo territorio ante litteram, era molto affezionato alla sua patria umbra. Doveva amare gli uliveti in cui aveva corso da bambino; doveva amare ancor più lo specchio del Trasimeno, con quei colori cangianti a seconda dell’estro della giornata. Chissà quante volte si era ritrovato in barca in direzione dell’Isola Polvese, oppure a spasso per i sentieri dell’entroterra, in cerca di leprotti o fagiani.

Tant’è, che il suo affetto per la terra etrusca è ancora oggi visibile in quasi ogni sua opera. Soffermatevi sulle ambientazioni dei suoi dipinti, e riconoscerete il Trasimeno che si schiude tra i colli verdeggianti. Chiunque sia dotato di una buona dose di orgoglio lacustre non può che vedere in ciò un tentativo (ben riuscito) di valorizzazione delle bellezze del luogo…

E valorizzare l’Umbria, e tutte le sue meraviglie naturali e gastronomiche, era quanto anche la Risolartista voleva fare con quel piatto di tagliolini che si accingeva a preparare. Come il Perugino aveva usato le tavole lignee come supporto per creare i suoi capolavori di pittura a sfondo locale, così pensava di fare lei. Solo, con un supporto un pochino diverso, e con pigmenti allo stesso modo differenti…

Niente legno, bensì una tela di tagliolini. Niente blu di lapislazzuli o rosso porpora, bensì curiosi ingredienti tipici e pregiati al pari (se non di più). Per il resto, il fine era lo stesso, e la difficoltà di reperire i colori e di realizzare l’opera non erano poi troppo distanti.

Dunque, da una tela bianca di tagliolini bisognava partire. Bianca, in realtà, non lo era esattamente. Era piuttosto ocra, tendente verso il giallo, quanto verso il marroncino. La celebre Terra di Siena sarebbe stata una descrizione cromatica quasi perfetta, non fosse per la località di provenienza del tutto diversa. 

Quei tagliolini, infatti, non erano opera dei mastri artigiani che lavoravano all’ombra della Torre del Mangia (la famosa torre di Siena). Piuttosto, provenivano dall’entroterra umbro; da quegli angoli ombrosi in cui si nascondevano i pregiati tartufi. Erano tagliolini con l’animo nero di tartufo. Né il colore, né il profumo, né il sapore, erano in grado di nascondere un simile spirito intenso. 

Il tartufo nero, dopo tutto, non era personaggio da passare inosservato… motivo in più per renderlo subito protagonista dell’opera che l’artista era intenta a cucinare.

Ottenuta la tela, però, si era solo all’inizio del lavoro. C’era una lunga lista di pigmenti da andare a scovare, prima di potersi destreggiare tra coltelli e pennelli.

Il tagliolino dall’animo tartufato andava accompagnato a dovere. Largo alla creatività: se la melanzana, con il suo aroma sulfureo, si sposava bene con le note di terra, sceglierne un esemplare bianco come il latte era il tocco d’artista. 

Dove trovare una melanzana bianca

Una volta constatata l’esistenza di una simile variante dell’ortaggio comunemente viola scuro, bisognava infatti conquistarla. E il supermercato sotto casa non era il posto adatto (nemmeno il caro Bussolini, ahimè).

Per fortuna, giungevano in aiuto i campi dei Verdi Orizzonti, con una zolla di terra giusto giusto punteggiata di bianco. 

… Bianco melanzana, chiaramente. 

Le amiche contadine della Risolartista furono ben contente di contribuire all’opera del tagliolino tartufato, apprezzando il fatto che ci fosse un’artista a conoscenza di quel pregiato (ma sconosciuto) ortaggio. Il fatto che nessuno lo segnasse mai nella propria lista della spesa era un vero peccato. Peccato, soprattutto, per coloro che si privavano di una simile delizia. La melanzana bianca, infatti, non era una comune melanzana. Era dolce, anzi dolcissima, quasi fosse un frutto adatto a una macedonia. Poi, era senza semi, e con una consistenza morbida, che quasi si scioglieva durante la cottura. In breve, sarebbe stata perfetta per dipingere lo sfondo del piatto di zuccherino sapore. 

La compagna di tavolozza della melanzana era un soggetto già del suo entourage di conoscenze vegetali (conoscenze della melanzanana, per chiarire). Era stata letteralmente la sua vicina di zolla, fino al momento in cui la contadina più che contadina, con un colpo secco, le aveva fatto abbandonare la sua casa.

Era la zucchina chiara, con tanto di fiore a farle da cappellino. Una zucchina graziosissima, dalle sfumature giallo-verdi, e dal bocciolo arancio che sprizzava gioia da ogni petalo. Tenera, piccola, e con quel cappellino estivo che si intonava alla sua buccia sottile. Avrebbe acceso di tinte vivaci e ulteriori note dolci il tagliolino.

Infine, i Verdi Orizzonti fornirono anche un altro componente aromatico più che essenziale: l’Aglione gigante della Valdichiana.

Quando si dice gigante, non lo si dice per scherzo. Uno spicchiettino del suddetto esemplare bulboso faceva le veci di una testa intera di canoniche dimensioni. 

Gigante, poi, sarebbe stato anche il suo contributo alla ricetta. Il suo aroma delicato e inconfondibile si sarebbe distinto in ogni forchettata. Lo chiamavano “aglio a prova di bacio”: un aglio gentile, educato, che sapeva certo ammaliare ogni palato. Sulla tela di tagliolini della Risolartista avrebbe armonizzato il paesaggio di verdure. Avrebbe svolto il compito che negli atelier pittorici è affidato alle tinte ombrose, che immergono ogni soggetto nella stessa atmosfera temporale.

Raccolti tutti i pigmenti vegetali, si poteva trotterellare in cucina. Il Gatto Cappelletto attendeva di mettere il suo zampino nella preparazione, così da guidare la mano dell’artista ai fornelli. Tanto era brava con i suoi pennelli, e tanto aveva bisogno di aiuto a maneggiare con pari maestria coltelli e padelle!

Senza perdere altro tempo, l’opera cominciò. Aglione in pentola, a sfrigolare con un filo d’olio d’oliva del Trasimeno. 

Eccolo, finalmente: l’olio aveva fatto il suo ingresso. Senza quello, non ci sarebbero né “colori ad olio” adatti alla pittura (anche se lì, ammettiamolo, è olio “di lino”), né piatti umbri degni di tal nome. Qui, in particolare, l’origine era lacustre… non più distante di qualche chilometro dalla cucina in cui avveniva la storia. 

Già il profumo dello spicchio aromatico si diffondeva tutt’attorno: i pigmenti si stavano rosolando per benino…

Poi, comparve la melanzana, e subito dopo la zucchina. Ecco i colori principali farsi largo sulla scena. Tempo di sfrigolare allegramente a fuoco vivo, e l’origano esplose con tutto il suo carattere mediterraneo. Merito della terra di Trinacria che gli aveva dato i natali.

Qualche altro aroma, e giunse l’ora di buttare la pasta. O meglio, di buttare il tagliolino tartufato. 

Scolato anche questo, era il momento di dipingere. La tela dalla trama di pasta era pronta ad accogliere tutti i colori del territorio. Era pronta a diventare supporto di una nuova opera d’arte perugina. Non ci sarebbe stata un’Adorazione sulla sua superficie, ma un paesaggio di sapori di pari bellezza.

Le verdure furono le prime a comparire tra i garbugli di tagliolini, trascinando con sé il lascito di Aglione. Poi, i fiori di zucca ancora freschi, con un ciuffo di prezzemolo triturato. Ancora, una grattugiata di ricotta salata dallo spirito norcino, e il capolavoro era quasi pronto. 

Mancava solo l’ultima pennellata.

La pennellata inconfondibile per accendere ognuno degli altri pigmenti.

La pennellata dal sapore e dal colore unico, che la ben nota Terra di Siena non avrebbe mai potuto eguagliare. 

… Un giro a crudo d’olio extravergine d’oliva del Trasimeno, o (in gergo pittorico) un tocco di “Terra Lacustre” in purezza.

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