Che cosa mangerà mai un leprotto lacustre in pieno agosto?
Domanda lecita, per un’artista curiosa a spasso per i campi del Trasimeno.
Domanda che frullò subito nella mente della Risolartista, non appena vide Mamma Leprotto attraversarle la strada, in direzione di un campo di erba medica…
La voglia di scoprire il menu della cena della famigliola di leprotti fu così forte, da convincerla ad abbandonare la biciclettina in mezzo ai cespugli, e seguire di nascosto quel batuffolo di cotone.
Chissà in quale “mercato leprottesco” sarebbe finita, chissà quali ingredienti Mamma Leprotto avrebbe riportato nella sua tana…
In effetti, indovinare cosa possano mangiare i leprotti nei giorni più caldi di tutta l’estate (ossia intorno a Ferragosto), non è così semplice.
Lì per lì, verrebbe da dire “carote”.
Carote… come la dieta risaputa di ogni coniglio richiede. In qualsiasi favola o disegno, i coniglietti si ritrovano sempre con una carota da sgranocchiare sotto i denti.
Se proprio si volesse dare un po’ più di varietà al loro pranzo, allora si potrebbe includere una fogliolina di lattuga. O, specie in ambienti di montagna, tarassaco fresco appena colto.
Tutte pietanze decisamente gradite ai comuni palati leprotteschi. Tuttavia, è ben difficile che possano ricorrere anche sulle tavole dei leprotti del Trasimeno.
Perché mai? Se lo chiederanno in molti; soprattutto se sono poco pratici del luogo. Per rendersi conto delle difficoltà di approvvigionamento di viveri di un leprotto lacustre in agosto, bisogna assumere il suo punto di vista.
Ebbene, se tale leprotto andasse in cerca di carote in questo periodo, probabilmente non le troverebbe. Le venerande matrone locali, infatti, non sono annoverate tra i grandi mangiatori di carote. Motivo per cui, tanto i negozi, quanto gli ortolani ambulanti, non hanno alcun interesse a rifornirsene in abbondanza.
Certo, la carotina (non esattamente “colta di giornata”), nel banco refrigerato di Bussolini, la si trova. Il suo ruolo come componente del “soffrittino” preparato quotidianamente dalle paesane è insostituibile con altro. Tuttavia, un leprotto non può sperare di usare quella come fonte principale di carote per tutta la sua famiglia.
Tanto più, visto che le loro famiglie, come è noto, sono piuttosto numerose…
Il nostro leprotto, allora, avendo rinunciato a fare la spesa da Bussolini, potrebbe pensare di recarsi da uno dei tanti contadini dei dintorni. Bene o male, tutta la riva del Trasimeno è affollata di orti e orticelli… trovare qualcuno che coltivi anche le carote non sembrerebbe (in apparenza) impossibile.
E, invece, in pieno agosto, impossibile lo è.
Se già sono pochi gli agricoltori che hanno interesse a piantare carote, quei pochi che lo fanno, non hanno ancora tuberi pronti alla raccolta in quel periodo. Prima di poter tirare su un ciuffo e trovarci sotto una bella radice arancione, bisogna aspettare almeno qualche settimana. Motivo per cui, all’indomani di Ferragosto, il leprotto si vede indotto ad abbandonare anche questo tentativo.
Rimane la lattuga. O meglio, rimarrebbe la lattuga. Anche per questa, la situazione è analoga. Non essendoci interesse tra le matrone paesane a farsi insalatone per pranzo, i negozi non la tengono. Potrebbero (forse) avere quella già lavata e imbustata, ma, e lo capite meglio di me, non è roba per conigli…
Piuttosto che trovarsi a maneggiare sacchetti di plastica ripieni di pezzetti di insalata mezza appassita, questi preferiscono rinunciare anche alla lattuga.
Tentare con i contadini? La situazione delle carote si ripropone. Le giovani piantine di lattuga vengono interrate giusto in queste settimane: ci vorranno un paio di mesi, prima di vedere cespi folti e croccanti.
Dopo tutta questa descrizione della situazione dal punto di vista di un un leprotto, si concorda pienamente sulla sensatezza della domanda iniziale. Che cosa mangerà costui in pieno agosto? Essendo sul Trasimeno, né carote, né lattuga. E fin qui ci siamo. Il resto lo scoprì la Risolartista (e se lo fece spiegare bene dopo) seguendo Mamma Leprotto a fare “la spesa” per la cena…
A chiunque capitasse di vedersi tagliata la strada da una leprotto con tanto di cappellino di paglia e borsa per fare la spesa, verrebbe voglia di fermarsi, e scoprire dove è diretta.
Così fece anche la Risolartista, che lasciò la strada sterrata che stava percorrendo, seguendo i balzi di quella Mamma Leprotto molto indaffarata.
Il luogo in cui si ritrovò a osservarla “fare la spesa” era un immenso campo di erba medica.
Una distesa che pareva un lago di verde punteggiato di macchioline violette, con i campi ingialliti tutt’attorno.
Una distesa mossa lievemente dalla debole brezza (calda) che soffiava sulla sera.
Un lago di verde, a pochi passi dal vero lago d’azzurro, che contornava la scena in lontananza.
Se quello era il “mercato” dei leprotti, non era però il classico “mercato” che verrebbe da immaginarsi. Non c’erano bancarelle, né cassette impilate con i cartellini dei prezzi.
I cartellini c’erano, quello sì, ma erano appesi agli steli.
C’era anche la classica folla da mercato, fatta di mamme leprotto (o coniglio) tutte in cerca dei prodotti migliori. Tutte con cappelli o foulard per ripararsi dal sole agostano; tutte con la loro borsetta della spesa più o meno piena, a seconda degli acquisti già fatti.
… che cosa stavano comperando? Erba medica, ovviamente!
Come Mamma Leprotto spiegò all’artista, l’erba medica era una delle pietanze più prelibate per loro leprotti, e di cui erano assai ghiotti.
L’unico problemino era che, mangiandone un po’ troppa, finivano per avere qualche “movimentino di pancia” (rimaniamo sul generico…). Niente di grave. Era la conseguenza inevitabile per quei batuffoli di cotone troppo ingordi! Mangiando piano, e senza esagerare, però, non si avevano spiacevoli conseguenze…
L’erba medica non era solo buona, ma era anche una delle poche erbette reperibili in abbondanza in quelle calde settimane d’agosto. Carote e lattuga (come già vi ho detto) erano merce più che rara; dunque, il mercato offriva altro.
Il mercato del momento era proprio tutto pieno di erba medica in ogni angolo. Di tutte le dimensioni, di tutte le sfumature, e… di tutti i prezzi! Ce n’era per qualsiasi tasca: dai ciuffi migliori, più teneri e saporiti, a quelli dozzinali, che andavano bene per quelle famiglie davvero troppo numerose.
Come riconoscere le varie qualità? Bastava guardare il loro cartellino… ogni stelo aveva appeso un bel pezzettino di carta, con relativo scarabocchio indicante il costo.
…Costo espresso in moneta leprottesca, ossia in sementi di vario genere. Almeno così la Risolartista riuscì a capire, in quanto la grafia “a zampa di leprotto” non era esattamente delle più leggibili.
Qualsiasi fosse il prezzo di quei ciuffi di erba medica, dovevano essere tutti molto invitanti. Tanta era la folla di mamme leprotto in attesa in fila, quanta quella di coloro che già avevano raccolto il loro mazzo per la cena.
La Mamma Leprotto in questione non faceva eccezione. Anzi, doveva essere una delle più esperte e appassionate di cucina. Bastava osservarla mentre si aggirava con occhio critico tra le diverse zolle (ossia le bancarelle di quel buffo mercato), per capire che era un’intenditrice.
Annusava i fiori, toccava le foglioline disposte a tre a tre lungo tutti gli steli, e se ne faceva persino dare un pezzetto di assaggio. I leprotti venditori (che probabilmente erano anche i coltivatori più che diretti) acconsentivano, felici di avere una simile cultrice di erba medica come cliente.
Ci volle una buona mezz’ora per fare il giro di assaggi delle zolle migliori; alla fine, però, dirottò i suoi balzi verso un folto gruppo di piante ben rigogliose.
A giudicare dalla coda davanti, doveva trattarsi di una delle offerte migliori del mercato. In effetti, , quell’erba medica era decisamente bella.
Come gli umani sanno capire se le bietoline del supermercato sono fresche e tenere, così i leprotti sanno riconoscere l’erba medica più prelibata.
E, quella zolla in questione, doveva esserlo davvero.
Quando finalmente giunse anche il turno di Mamma Leprotto, questa si fece servire dal venditore, indicandogli uno ad uno i ciuffi che preferiva.
Dopo essere andata avanti per quasi dieci minuti a selezionare fiori e foglie, si ritenne soddisfatta. Pagò (una cifra considerevole di semi), e si fece fare un bel mazzo con tutti i suoi acquisti, legato con tanto di spago.
Era partita da casa con la borsa piena di semini, e vi avrebbe fatto ritorno con la medesima borsa… carica di erba medica appena colta!
Uscita dal mercato, Mamma Leprotto diresse i suoi balzi in direzione del lago. La sua casetta doveva trovarsi da quelle parti.
Prima che potesse scomparire in una macchia di bosco, però, la Risolartista fece in tempo a chiamarla, implorandole di fermarsi.
Aveva alcune questioni interessanti da chiarire…
Mamma Coniglio, prendendo subito in simpatia l’artista curiosa, le concesse una rapida intervista. Purché non fosse troppo lunga: aveva a casa una famigliola che attendeva la sua cena…
Proprio della cena, la Risolartista voleva parlare. Voleva sapere cosa avrebbe cucinato con tutta quell’erba medica che aveva acquistato al mercato. Fino a poco tempo prima, era convinta che i conigli mangiassero solo lattuga e carote. Sapeva appena cosa fosse l’erba medica, ma non certo che facesse da portata principale dei menù leprotteschi di agosto!
Mamma Leprotto, ridacchiando sotto i baffi per l’ingenuità della domanda (…tutti sanno che i leprotti non mangiano solo carote…), rispose con piacere, raccontandole ben bene come stavano le cose.
Non si limitò a confermarle quanto la sua famiglia amasse l’erba medica in tutte le salse, ma ci tenne a spiegarle cosa stava andando a casa a cucinare. Quella che all’inizio era sembrata una Mamma Leprotto tutta di fretta, divenne poi una chiacchierona (forse un po’ esibizionista) pronta a dilungarsi sulle sue invidiabili ricette.
Parlò abbastanza da poter scrivere un ricettario di piatti di erba medica. Sembrava che si fosse dimenticata di avere una famiglia dii leprotti da sfamare… la Risolartista, alla fine, dovette tagliare corto e dire che l’aspettavano a casa a mangiare, e che, forse, anche qualche altro leprottino poteva essere affamato al par suo.
Tra tutte le ricette che aveva enumerato, ciò che si apprestava a fare quella sera era sicuramente qualcosa di curioso. Molto curioso, in quanto ricordava più che vagamente uno dei piatti preferiti dell’artista, che la sua Nonna Ginia le preparava spesso.
Si trattava del rinomatissimo rotolo di verdure. Un involucro di pasta fresca, arrotolata attorno a un cuore di ripieno fatto con ricotta ed erbette. Veniva bollito in acqua, come fosse un cotechino gigante, e poi tagliato a fette e condito con salsa di pomodoro, basilico e parmigiano.
La variante leprottesca non era poi molto diversa: la pasta fresca c’era, e la ricotta pure. La salsa di pomodoro era fatta con i datterini presi dai contadini vicini di casa della famigliola, e il basilico era quello coltivato sul davanzale della loro tana.
Una sola era la differenza sostanziale.
Se la Nonna Ginia usava gli spinaci, Mamma Leprotto non poteva che metterci la sua erba medica appena acquistata.
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