Sul finire di agosto, il 27 per la precisione, arrivava anche l’onomastico della Mamma Monica. Il che significava farle prima di tutto gli auguri (impegnandosi a ricordarselo già dal mattino), e poi anche un regalino.
Si sa che gli onomastici sono un’occasione ottima per fare festa, soprattutto quando arrivano in quei periodi dell’anno in cui non c’è molto altro da festeggiare. A parte il Ferragosto, infatti, i mesi estivi hanno il difetto di essere piuttosto poveri di ricorrenze speciale. Sarà che l’estate, con il caldo e le vacanze, è vista un po’ tutta come una festa continua. Una festa che comincia sul finir di giugno, per poi esplodere nelle settimane centrali della stagione, scemando infine nella coda agostana.
Lo sapete meglio di me: gli ultimi giorni di agosto sono sempre vissuti con quella malinconia di chi sa che presto dovrà fare le valigie in direzione della città. Perciò, avere un buon motivo per rallegrarsi e festeggiare è una fortuna da non lasciarsi sfuggire!
… E l’onomastico della Mamma Monica giungeva a proposito: la comunità dei Gatti al completo fremeva dalla voglia di partecipare alla preparazione di qualcosa di speciale.
Che cosa organizzare?
Per rispondere, come erano soliti fare, i gatti sanfelicianesi organizzarono un bel comizio al porto, invitando anche la Risolartista a partecipare. Quest’ultima, da esemplare di “umano”, avrebbe certo aiutato a pensare a un’idea che potesse fare piacere alla destinataria altrettanto “umana”.
Quando tutti i gatti furono arrivati, il Bassetto Leccino prese la parola, presentando le prime proposte che gli erano pervenute.
C’era chi proponeva una tavolata comunitaria a cui invitare anche la Mamma Monica e tutta la sua famiglia. Sarebbe stata una tavolata apparecchiata in riva al lago, al tramonto, così da poter godere a pieno della vista. Sarebbe stata anche una tavolata interamente a base di pesce: antipastini con caviale del Trasimeno, tagliolini al gambero di lago come primo piatto, carpa regina in porchetta di secondo, e latterini fritti serviti con gelato alla vaniglia per dessert. Sarebbe stato un banchetto delizioso!
Quando questa prima idea fu annunciata, tutti i gatti miagolarono in coro, esprimendo la loro completa approvazione. Dopo tutto, felini e umani sono accomunati dalla passione sconfinata per il pesce…
Tale affermazione poteva essere vera per certi umani (come per la Risolartista), ma non esattamente per tutti! La Mamma Monica, ad esempio, ricadeva in quel gruppo di umani che non avrebbero affatto mangiato pesce, a pranzo e cena, tutti i giorni della loro vita. Di conseguenza, pensare di farle piacere invitandola a una tavolata a base di pesce di lago in ogni salsa era una follia.
La Risolartista, che conosceva bene i gusti della sua Mamma, fu presto costretta a disilludere i gatti: non era la trovata migliore per festeggiarla! Era meglio pensare ad altro…
Avendo chiarito che invitarla a mangiare pesce non faceva per lei, furono automaticamente escluse anche tutte le altre possibilità che erano state identificate. Niente forniture di pesce gatto per tutto l’inverno, e niente carta regalo di Bussolini per acquistare 30 chili di tonno in scatola. Idee magnifiche, ma non adatte alla destinataria…
Dover rinunciare completamente al pesce, però, ai gatti sanfelicianesi dispiaceva molto. Ci tenevano a mettere il loro zampino nei festeggiamenti…
Mentre tutti si sforzavano di pensare a qualcosa che non riguardasse il lago e i suoi abitanti, un pescatore ruppe il silenzio del porto, rientrando con la sua barchetta a motore. Doveva aver fatto caccia grossa quella sera, a giudicare dal contenuto della sua rete…
Bastò l’immagine del pescatore sulla sua barchetta a illuminare la mente della Risolartista. Bastò vedere il pesce da un punto di vista diverso, per farle venire un’idea che avrebbe messo tutti d’accordo: sia felini, sia umani che non mangiavano volentieri il pesce.
Se i gatti volevano fare qualcosa che fosse legato al Trasimeno e ai pesciolini che vi abitavano, non serviva per forza cucinarli e offrirli per cena. Piuttosto, si poteva optare per una “versione alternativa” del soggetto, come quella di un sogno ad esempio.
Come il ciondolo della Risolartista le permetteva di sognare ogni notte di andare a spasso a bordo della sua zucca-carrozza trainata da un fagiano, una cosa simile si poteva fare anche per la Mamma Monica. Ovviamente, il contenuto del sogno non avrebbe avuto una zucca, bensì una barchetta con tanto di pescatore a bordo, che accompagnasse la Mamma Monica a pescare insieme a lui. In quel modo, ogni volta in cui le fosse venuta nostalgia del Lago, avrebbe potuto sognare di pescare sul Trasimeno per tutta la notte. E senza ritrovarsi a dover poi cucinare e mangiare il bottino della pesca! I pesci di lago “nel lago”, infatti le erano sempre piaciuti molto; il suo problema arrivava nel momento in cui varcavano la soglia della cucina…
L’idea della Risolartista non poté che trovare tutta la comunità dei Gatti interamente d’accordo. Si poteva procedere alla realizzazione del regalo.
Come ormai è noto, per poter creare un simile gioiello magico che avesse il potere di far sognare il Trasimeno, serviva l’aiuto del Maestro Anton Maria. Il che voleva dire recarsi nella sua bottega al Castello di Zocco con tutto l’occorrente per il lavoro (compreso il progetto), e affidargli il compito.
Perciò, il primo passo era pensare all’oggetto in questione. Che cosa poteva piacere da indossare alla Mamma Monica?
Un braccialetto, forse? Non li metteva mai…
Un grosso anello con pietre? Non metteva nemmeno quelli…
Una collana con pendente? Troppo scomoda… meglio rimanere sulla collana, ma senza pendenti, e a girocollo.
Alla Mamma Monica piacevano le cose semplici e raffinate. Troppe decorazioni e troppe pietruzze vistose non facevano per lei. La Risolartista, che conosceva i suoi gusti, sapeva bene su cosa puntare. Va da sé che le fu subito affidato il compito di disegnare il progetto del gioiello.
Compito apparentemente facile per un’artista come lei, ma estremamente difficile in mancanza di ispirazione. Decidere che soggetto racchiudere tra le maglie della collana non era scontato.
Per farsi venire qualche idea, pensò bene di andare a fare un giro tra i ruderi del Castello di Zocco, sperando che l’aura mistica del luogo la potesse aiutare.
Non ebbe nemmeno bisogno di inoltrarsi troppo tra le stanze pericolanti: qualcosa di sufficientemente curioso giunse appena varcata la soglia d’ingresso.
Si trattava del vecchio attracco dei pescatori.
Dovete sapere, che, nei tempi d’oro del Castello, fino a poco più di un secolo fa, le acque del Trasimeno arrivavano fino alle sue mura. Il lago, allora, era molto più alto, e aveva conquistato un’ampia fetta di riva paludosa, giungendo a contornare tutto il fronte dell’edificio.
Vista la vicinanza dell’acqua, gli abitanti pensarono bene di sfruttarla, costruendo un porticciolo per attraccare le barche.
Barche da pesca (non certo navi da crociera…).
Barche da pesca, utilizzate da quella piccola comunità di pescatori che si andò formando tra le mura del Castello. In quel periodo, infatti, Zocco divenne un borghetto di pescatori, che conducevano una fiorente attività di cattura e commercio di pesce lacustre.
Purtroppo, le barche smisero presto di attraccare accanto al grande portone: i capricci del clima umbro, e l’evaporazione del lago, fecero ritirare di nuovo le acque più lontano. Quella che era stata una comunità di pescatori, si tramutò in insediamento di agricoltori.
Il passaggio della “gente di mare” (o meglio, della “gente di lago”), però, aveva lasciato i suoi segni indelebili nel tempo.
Segni marinareschi e inconfondibili, che la Risolartista non mancò di notare…
Appena si rese conto di essere nell’area del Castello che ospitava le baracche e gli attracchi dei pescatori, la visitatrice aguzzò la vista, curiosa di scoprire cosa ci potesse ancora essere.
Di barche intere non se ne vedevano; al loro posto, c’erano loro frammenti abbastanza ben conservati, che bastavano a rievocare le memorie passate.
I pescatori dovevano essere stati ometti molto pittoreschi: i resti delle loro barchette testimoniavano una tavolozza di colori degni di un pittore. Ce n’erano di verdi, di azzurre e di arancioni; la meglio conservata, però, era rosso vermiglio. L’artista rimase colpita da quest’ultima in particolare, tanto che decise di avvicinarsi un po’ più.
Più la osservava, e più le appariva graziosa e raffinata. Il pescatore proprietario era stato sicuramente un soggetto pieno di buon gusto! Non solo aveva scelto un bellissimo colore per la sua bagnarola. (che si era conservato intatto nel tempo), ma aveva anche provveduto a farla decorare lungo tutta la fiancata.
Dai resti dello scafo, quasi interamente salvo, si distingueva bene un motivo ricorrente scolpito a rilievo, e verniciato di bianco.
Erano nodi. Nodi marinari.
Erano i cosiddetti “nodi piani”, che il Babbo Antonello (esperto in materia) aveva detto essere nodi di giunzione, e facili da sciogliere. Indipendentemente dalla funzione, erano davvero bellissimi, in tutta la loro lavorazione minuziosa, che riproduceva fedelmente la trama della corda.
Bastò quella barchetta tutta annodata, e la mente della Risolartista cominciò a creare il progetto della collana. E dalla collana, passò addirittura ad architettare qualche dettaglio sul sogno…
Questo che state per leggere era il contenuto del messaggio (con disegno annesso) che fu consegnato al Maestro Anton Maria, con l’incarico di renderlo realtà.
La collana doveva essere un girocollo d’oro zecchino, dalla maglia sottile e raffinata. Nel centro, la maglia si doveva interrompere, lasciando spazio a un intreccio di nodi marinari “piani”, tutti dipinti di smalto rosso vermiglio. Per avere un’idea precisa del colore, il Maestro si sarebbe potuto ispirare alla barchetta dei pescatori che si trovava giusto giusto nel Castello.
Per quel che riguardava il sogno, invece, allo strofinio della collana prima di dormire, sarebbe seguita una nottata di pesca.
Una nottata di pesca sul Trasimeno, in compagnia di un provetto pescatore del luogo, che avrebbe condotto la sognatrice Mamma Monica lungo tutto il litorale del lago, alla ricerca dei pesci più luccicanti.
Una nottata da trascorrere a bordo di una barchetta rosso vermiglio, con tanto di nodi marinari “semplici” a decorarne i fianchi… proprio come l’esemplare dei tempi che furono.
Una nottata che avrebbe rievocato tutto il bel paesaggio lacustre, e, al contempo, i suoi pesci e i loro relativi ghiotti mangiatori (ossia i Gatti e la Risolartista!).
Per poter realizzare il progetto appena dettagliato, servivano, come di consueto, i materiali giusti. Senza quelli, il Maestro Anton Maria non avrebbe potuto fare nulla.
Per quanto riguardava la barca, un pezzetto dei resti di quella originale trovata a Zocco era sufficiente. Il problema era il mezzo con cui farla muovere: remi, vela, o motore?
L’idea venne al Gatto Cappelletto, che era appena tornato dagli orti, con un cestino pieno di zucchine tenerissime. Zucchine che presentavano ciascuna un bel fiore a un’estremità.
Perché non rendere quel fiore una sorta di motore a pale per far muovere la barchetta? Sembrava una trovata geniale! Sicuramente il Maestro artigiano avrebbe saputo renderla realtà…
L’ultima cosa da recuperare era il nocchiere-pescatore, che avrebbe accompagnato la Mamma Monica a pescare.
Trovare un animaletto adatto da cui prendere “un pezzetto” (come un pelo, o un’unghia) era una faccenda complicata. Nessuno tra le loro conoscenze sembrava essere particolarmente adatto a diventare un pescatore…
La Gatta Ittica, da esperta frequentatrice di porti, si incaricò di recuperare l’oggetto che poteva fare al caso loro. Non dovevano preoccuparsi: qualcosa si sarebbe fatta venire in mente.
E così, la sera successiva, Leccino, la Risolartista e la Gatta Ittica, si presentarono alla porta del Castello di Zocco, deponendo sulla soglia tutti gli oggetti che il Maestro Anton Maria avrebbe trasformato in gioiello. C’era il pezzo di barca, il fiore di zucca e… una piuma azzurra.
Una piuma di Martin Pescatore: il miglior uccello che potesse assumersi il ruolo di nocchiere-pescatore!
Una notte di intenso lavoro, e l’opera fu conclusa.
La Risolartista, incontenibile nella sua voglia di vedere cosa fosse venuto fuori, si precipitò al Castello ancor prima di colazione.
Anche quella volta, l’artigiano aveva creato un capolavoro: la collana era perfetta. Era esattamente come la sua mente d’artista l’aveva immaginata. Un girocollo d’oro zecchino, con una successione di nodi piani dipinti di rosso vermiglio. Un gioiello degno di una regina della pesca lacustre. Un gioiello che, nel suo essere tutto pieno di nodi, avrebbe ricordato alla destinataria l’affetto degli ideatori nei suoi confronti.
Sarebbe stata una collana di nodi d’amore che sempre l’avrebbero tenuta legata al Trasimeno, e ai suoi pittoreschi abitanti.
Lascia un commento