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Caldarroste nella “Chiesa più bella d’Italia”

Detta così, questa pittoresca associazione di castagna arrostite e luoghi sacri suona piuttosto strana. Per non dire assurda, o molto vicina ai dintorni del Paese delle Meraviglie…

Eppure, in entrambe le parole un fondo di verità c’è. E c’è anche una certa connessione.

Tutto comincia in Corso di Porta Ticinese: oggi popolare via del centro meneghino in cui infilarsi in locali e negozietti “originali” (per non dire altro…), ieri conosciuta come “Via per Ticinum”, che conduceva fino a Pavia. 

In questo Corso di Porta Ticinese, oltre alla Porta Ticinese stessa, c’è anche un altro elemento architettonico ben noto: le famose “Colonne”. I milanesi di ogni età sanno bene a cosa mi riferisco; per gli stranieri in visita, basta completare il nome con Colonne “di San Lorenzo”, e l’oggetto acquisterà significato. 

Tutti le conoscono, molti le frequentano, ma pochi le superano. Pochi sono quelli che si avventurano oltre, abbandonando lo spiazzo con le panchine, per entrare in quell’edificio che sta loro dietro. 

Se qualcuno prendesse coraggio, e varcasse la soglia di quel maestoso complesso di cui si scopre l’esistenza oltre le Colonne, si ritroverebbe nella “Basilica più bella d’Italia”. Si ritroverebbe nella Basilica di San Lorenzo Maggiore.

Se, poi, lo stesso coraggioso soggetto, fosse anche in compagnia di un’artista appassionata di storia dell’arte, e di un nonno che in autunno si cucina le caldarroste nel camino di casa, potrebbe anche gustarsi la visita in un modo davvero pittoresco. Per il nonno non posso fare gran che (non ve lo posso dare in prestito!), ma, per far parlare quei blocchi di pietra dalla storia secolare, un aiuto ve lo posso dare…

Ebbene, cominciamo dall’esterno: dalle Colonne. Colonne dal passato misterioso, di cui non sa neppure la vera origine. Sicuramente sono state portate lì in un’ottica eco-friendly ante-litteram: si tratta di materiale di reimpiego, portato via forse da un grande tempio romano, e poi messo lì a fare da colonnato per quello che era l’atrio antistante la basilica. 

La Basilica di San Lorenzo

Superate le Colonne, ecco comparire la magnificenza di una chiesa dalla forma quasi unica nel suo genere. Di solito, ci si aspetterebbe, per una chiesa, una pianta rettangolare, al massimo a croce. La nostra mente di popolo occidentale non pensa facilmente alla cosiddetta “pianta centrale”, giocata attorno a un asse verticale. Il motivo è dato dal fatto che tale pianta è di antica tradizione orientale, bizantina. Immaginatevi la Costantinopoli di un tempo (oggi Istanbul): laggiù, le chiese erano un po’ tutte così.

La nostra Basilica di San Lorenzo, però, ha ancora un’ulteriore particolarità. Non è solo a pianta centrale, ma è per la precisione a “pianta tetraconca”. Ha una forma quadrata, con i lati arrotondati, che formano delle “esedre” (ossia delle aree semicircolari), e con quattro torri agli angoli. Poi, è su due livelli, con il piano di sopra in origine riservato alle donne, sostenuto da arcate ampie e maestose. 

Non vi ho ancora detto quando tutto ciò è stato costruito; con esattezza, nessuno lo sa. Probabilmente, risale alla fine del IV secolo, o poco dopo. È una delle chiese più antiche della città… se volete respirare (letteralmente) il suo odore di passato paleocristiano, basta che andate a visitarne le fondamenta. Lì, vedrete blocchi di pietra dalle forme curiose, che non nascondono affatto come, anche per la struttura stessa dell’edificio, sia stato reimpiegato materiale di epoca romana. In questo caso, sappiamo anche l’origine, relativa a un anfiteatro che doveva sorgere poco distante.

Dopo aver ammirato l’interno dalla forma così insolita e stupefacente, non potete che dirigere i vostri passi in una delle Cappelle. San Lorenzo è famosa anche per il “Parco delle Basiliche” che sorge appena lì dietro. Tali basiliche, non sono altro che… la basilica stessa, e le cappelline collegate attorno. 

Una di queste, però, vale la pena visitare. La Cappella di Sant’Aquilino. È detta anche “sacello”, in quanto si raccontava che la sua funzione originale fosse quella di mausoleo imperiale (di “sacello”, appunto). Qualcuno sostiene che sia stata luogo di sepoltura della nota Galla Placidia di Ravenna; non si sa. Tant’è, che nella suddetta cappella c’è un bellissimo sarcofago che la tradizione vuole chiamare proprio “Sarcofago di Galla Placidia”…

Quello che è davvero interessante, però, è ciò che ancora si può vedere alle pareti, e nei catini, del Sacello di Sant’Aquilino. È qui che finalmente si può dare una spiegazione (quasi) ragionevole alle caldarroste e alla nomea di “Chiesa più bella d’Italia”. 

Ciò che ancora oggi ci è concesso di ammirare, sono i resti di mosaici e decorazioni marmoree policrome che un tempo dovevano adornare tutta la basilica. Dovete immaginarvi tutti i pilastri, tutte le pareti, tutte le cupole, ricoperte di tesserine blu, rosse, verdi e gialle. Dovete immaginarvi ricami di marmo, fregi e quanto di più spettacolare la mano degli uomini altomedievali possa aver fatto intorno al V-VI secolo. In quel periodo, il Vescovo di Cavaillon, in visita in città, la descrisse con l’appellativo sopra citato. Evidentemente, la sua ricchezza doveva averlo lasciato senza parole. 

Purtroppo, i secoli hanno cancellato quasi tutto l’antico splendore. Restano due parti di mosaici che possono ancora farci intravvedere quella bellezza: i due “catini” della cappella. Alzate lo sguardo a sinistra, e ammirerete il “Sol Invictus” (divinità pagana, poi ripresa con significato cristiano), che doveva ascendere in cielo. Ciò che si ammira è l’ambiente attorno: pastorelli, capretti che mangiano erba e fiorellini, cascatelle celesti… un paesaggio campestre e idilliaco che accende l’immaginazione.

È, però, il catino di destra che ci richiama le caldarroste. È in questa semicupola, che è raffigurata la tematica della “Traditio Legis”, ossia Cristo che consegna i rotoli delle Sacre Scritture agli Apostoli. Si riconosce Cristo, si riconoscono gli Apostoli attorno, ma non balzano subito all’occhio i rotoli. Anzi, a prima vista, qualsiasi soggetto ghiotto di castagne, in pieno autunno, potrebbe scambiarli per caldarroste. Se avete anche voi un nonno che ben corrisponde a tale descrizione, potrebbe capitare anche a voi di sentire definire il contenuto di quel paiolo di rame con tanto di manico (davanti a Cristo è rappresentato davvero un simile utensile), come castagne appena arrostite. Del resto, già ai tempi dei romani, le caldarroste erano senz’altro conosciute!

Mosaico raffigurante la Traditio Legis, nel catino di destra

E così, tra una curiosa interpretazione e l’altra, anche le Colonne di San Lorenzo (e la loro Basilica) hanno acquisito un nuovo valore. Un valore artistico, storico, e quasi “gastronomico”. Ora si potrà giudicare se davvero, oltre quel colonnato, si cela il glorioso passato della “Chiesa più bella d’Italia”…

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