Dalla fine del XVI secolo, per arrivare poi al XIX secolo, il mito dell’Arcadia affascinò un folto gruppo di artisti e letterati, che diedero vita a opere dal carattere favoloso, fiabesco, e surreale.
Tutto cominciò come una reazione agli artifici del Barocco, così ridondante, eccessivo e lontano dalla natura. Per cui, i primi “ribelli” dell’Arcadia pensarono bene di costruire la propria poetica sulla realtà e la fantasia, sulla natura e la storia.
Ecco riprendere l’antico mito dell’Arcadia: quel luogo dall’accento quasi onirico, così lontano, pacifico e radioso. Un piccolo paradiso in forma di ambiente campestre e pastorale, che si rifaceva all’Età dell’Oro dei poemi della Grecia Classica.
Proprio la Classicità si fece modello di ispirazione per gli artisti di questa corrente, che volevano evocare la sua armonia e il suo equilibrio.
Guardando alle tematiche predilette, queste erano soprattutto paesaggi bucolici, dai toni favolosi, spesso arricchiti da rovine e macchie di verde pittoresche. Tali scenari erano abitati da personaggi divini, oppure da quieti pastori e gente di campagna, che completavano il quadro idilliaco.
Si voleva tornare alla purezza e alla semplicità; si voleva ripercorrere la storia fino alla “bellezza ideale” degli scultori classici. La “nobile semplicità e quieta grandezza” esaltata dal critico Winckelmann divenne nuovamente in voga.
Sicuramente, i movimenti del Romanticismo e del Neoclassicismo contribuirono all’affermazione dell’Arcadia, influenzandola a loro volta. Il primo per quel gusto dell’orrido, dei sentimenti forti; il secondo per i suoi inequivocabili richiami al mondo greco e romano.
Ed ecco che le atmosfere dell’Arcadia divennero anche il luogo ideale in cui mettere in scena l’esoterico: divennero il luogo in cui l’uomo, al termine della sua vita, può finalmente godersi in pace la quete della morte. C’è una frase che si ritrova spesso negli autori connessi a questa corrente: “Et in Arcadia ego”. Ossia: anche io sono stato in Arcadia. Tale affermazione era iscritta sulle tombe, come un memento mori, che rievocava quel luogo idilliaco.
L’ARCADIA ITALIANA
Anche l’Italia, tra 1600 e 1700, vide lo sbocciare della corrente dell’Arcadia, con un ritorno al suo “buon gusto naturale”, in contrasto con gli eccessi precedenti. Fu il salotto romano della ex regina di Svezia, Cristina, a fare da luogo di incontro e di scambio di pensieri intellettuali sull’argomento.
Non solo: nel 1690, un gruppo di artisti del suo circolo fondarono l’Accademia dell’Arcadia, con l’obiettivo di omaggiare la semplicità e l’eleganza, che erano simboleggiati dal nome stesso di “Arcadia” (la regione greca dei mitici pastori-poeti).
Tra gli artisti annoverati nel movimento dell’Arcadia ricordiamo:
- Zuccarelli
- Il Cavalier Tempesta
- Cignaroli
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