Immaginatevi di suonare il campanello alla porta di una di quelle villette americane di qualche decennio fa. Anni ’60 o ’70, per intenderci.
Immaginatevi i passi della domestica che si avvicinano a ritmo regolare, finché non si arrestano improvvisi, sostituiti dallo scattare della serratura. Ecco: siete invitati ad entrare, e ad esplorare l’interno della casa. È come fosse una visita turistica al museo, eppure rimane in un ambiente domestico. Si tratta di ammirare opere d’arte, eppure non è poi molto diverso dal far scivolare lo sguardo su mobili a voi ignoti, di cui non siete i proprietari.
E, rispettando ancora una volta la consuetudine di giro turistico, prima di cominciare vi è richiesto qualche istante d’attesa. Non aspetterete nella hall del museo, bensì in salotto: dopo tutto, è una casa (e non un museo) che vi apprestate a visitare…
L’inizio della mostra di Domenico Gnoli è giusto simile a questo incipit di esperienza surreale. L’unica differenza, è che siete in un ambiente “artistico”, e non in una casa vera e propria. Siete alla Fondazione Prada (che è comunque tutto tranne che un “museo” normale!), e vi trovate a passeggiare in un enorme ambiente brulicante di tele alle pareti.
Tele che, però, vogliono farvi vedere molti aspetti di quella villetta a cui avete suonato nella vostra immaginazione. È così che vi consiglio di iniziare questa visita: nei panni di quel turista-ospite, che viene accolto dalla domestica, ed è pronto a curiosare in una casa di mezzo secolo fa.
Tutto parte dal salotto (guardate che caso!). Ecco una squisita serie di dettagli realistici di divani e poltrone imbottite. Anzi, più che realistici, si possono definire “iperrealistici”: sono così definiti, da superare anche la percezione che si potrebbe avere in un vero contesto domestico.
Già da quei cuscini, con i profili che sporgono quasi dalla tela, possiamo capire lo stile di Domenico Gnoli. Uno stile che richiama in qualche modo il Rinascimento fiorentino, con quella precisione raffinata nella riproduzione della realtà più vera. Uno stile che riprende anche l’amore per il dettaglio dei Fiamminghi, utilizzando però una tecnica davvero curiosa. Se gli antichi pittori erano devoti ai colori a olio, il nostro artista contemporaneo amava mescolare alla tempera una buona dose di sabbia. Ed ecco il risultato: una texture così tangibile, da parere ancor più vera del vero. Ciò che la rende davvero impressionante, poi, è il vederla applicata a piccoli scorci domestici, che siamo così abituati a vedere nelle case di famiglia, da non credere ai nostri occhi. È come se l’autore si fosse intrufolato nel soggiorno delle nostre nonne, rubandone i dettagli che più lo incuriosivano.
Oggi, essendo noi già più abituati a vedere stranezze di arte contemporanea di ogni genere, rimaniamo meno scioccati dai soggetti. Ma pensate un attimo al pubblico di sessant’anni fa: trovare un pezzo (e neanche tutta la figura!) di poltrona su una tela, curato come fosse una figura umana, era davvero assurdo. Anzi, surreale.
Ed è con questo spirito di straniamento che continuiamo il giro turistico per le stanze di casa Gnoli (ipotizzando che avesse raffigurato la sua casa). C’è la camera da letto, con tanto di ospiti intenti a pisolare sotto le coperte; c’è la cabina armadio, dai dettagli stupefacenti. Penso che poche persone abbiano mai concentrato così tanto la loro attenzione su minuzie quasi insignificanti. Un bottone di una camicia, i passanti di un paio di pantaloni da uomo, le perle di una giacchina elegante: tutti “pezzetti” di indumenti più grandi, che raramente osserviamo scomposti nelle loro parti. Vederseli davanti agli occhi, enormi, e più veri del vero, fa uno strano effetto. Strano, quanto immensamente affascinante.
Lo stupore continua nell’osservare le chiome immortalate dal retro. Ci sono le trecce, i boccoli ancora caldi di ferro, e i bigodini pronti per la notte. Ci sono anche i ciuffi neri imbrillantinati che andavano di moda ai tempi, e persino uno zoom sull’attaccatura dei capelli. Qui l’effetto è un po’ più “plastico”, ma ugualmente impressionante.
Le stanze continuano a rivelare i loro segreti dettagli, che vanno dalla tovaglia, alla scarpa di cuoio da lavoro. Ogni parete apre finestre su un ambiente domestico che ci si chiede davvero se sia stato reale: tutto è lasciato alla libera interpretazione del visitatore. Non pensate di trovare grandi spiegazioni in giro; è un allestimento molto minimale, che non dice più dei numeretti accanto alle opere, da ricollegare ai titoli sulla brochure. Il risultato è un giro “magico”, in un’atmosfera immobile e intellettualistica, che pare un po’ quella della Pala di Brera di Piero della Francesca. Cosa ancora più surreale, visto il soggetto dei queste opere ben più “basso” e quotidiano…
Usciti dalla villetta del signor Gnoli, c’è ancora un’ultima parte di questo viaggio iperreale che vi è concesso di vivere. È al piano superiore che dovete salire, preparandovi a elevarvi oltre l’ambiente domestico, per fare il vostro ingresso nel mondo dei sogni.
Un mondo onirico, fatto di ciò che costituiva l’altro lato della vita lavorativa dell’artista. Un mondo di costumi teatrali, bozzetti e illustrazioni per i libri. Tra una locandina e l’altra, le pareti offrono una ricca collezione di schizzi preparatori, disegni rapidi e pensieri gettati sulla carta. Osservandoli attentamente, sembra di scorgere il movimento creativo della mente di Domenico Gnoli, che volava alta, prima di colpire in basso nei suoi scorci domestici.
Ciò che conclude la visita è un tuffo nel profondo dell’intelletto, che caratterizza ogni essere umano. È un tuffo nell’inconscio, laddove si nascondono quelle bestie fantastiche e mitologiche che animano da secoli sogni notturni, e fiabe impresse nei libri. Se volete dare questo taglio finale al vostro giro, basta che vi soffermiate su quelle illustrazioni di mostriciattoli appesi nell’angolo. C’è una sogliola dal volto umano in una vasca da bagno (quanti hanno sognato un mostro acquatico nel proprio bagno almeno una volta?!…). C’è un riccio dal muso di gufo nascosto nell’armadio (altro sogno-incubo ricorrente). C’è una sorta di tartaruga-kiwi seduta in limousine, in attesa di essere portata fuori a cena. Si tratta di esemplari di un curioso “Bestiario Moderno” che, da quanto si capisce dai pochi indizi offerti (c’è una rivista aperta sotto le illustrazioni che lo racconta), raccoglie una serie di animali mitologici “educati”. Educati, in quanto fanno il loro ingresso nella nostra fantasia solo se chiamati, e si impegnano persino a pagare l’autista dopo il passaggio in macchina! Merito dei secoli e secoli di addomesticamento che l’uomo ha compiuto su di loro: sono bestie presenti nella mente della nostra specie fin dalla notte dei tempi.
Avendo visto persino una sogliola in bagno, e un riccio-gufo nell’armadio, ci si può ritenere soddisfatti di questa visita turistica nella realtà domestica di Domenico Gnoli. Una realtà “reale” così tanto, da diventare non solo “iperreale”, ma persino “soprannaturale”…
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