La parola “Grand Tour” ci riporta subito nel cuore del Settecento europeo: un mondo di giovani aristocratici, desiderosi di completare la loro formazione con un lungo viaggio in Italia. Inglesi prima di tutto, poi francesi, tedeschi, fiamminghi e persino russi: i rampolli delle casate più in vista del tempo non vedevano l’ora di fare le valigie e varcare il confine del Bel Paese, alla scoperta delle sue meraviglie.
Capita spesso, a noi Italiani, di non renderci conto dell’inestimabile tesoro di paesaggi, cultura e arte che possediamo a due passi da casa. Chi nasce immerso nella bellezza, fatica a rimanerne stupito. Chi si trova a essere parte integrante dello spettacolo, non lo apprezza come farebbe il pubblico. Eppure, leggendo le memorie di quei giovani settecenteschi tanto desiderosi di visitare la nostra terra, dobbiamo ammettere la ricchezza del paese a cui apparteniamo. Ripercorrere il Grand Tour dagli occhi colmi di meraviglia degli aristocratici del passato ci può aiutare ad apprezzare a nostra volta i tesori dell’Italia. Tesori di cui possiamo godere, ma che dobbiamo proteggere e valorizzare.
Dunque, prepariamo anche noi le valigie, e mettiamoci in marcia alla scoperta dei luoghi più affascinanti della nostra penisola. Per poter entrare nella parte, vi consiglio di immaginarvi un po’ lo scrittore tedesco Goethe, quando intraprese il suo personale Grand Tour, minuziosamente narrato nella sua opera “Viaggio in Italia”. Tra i tanti che visitarono il nostro paese, questi fu uno dei più attenti a coglierne ogni sfumatura, nonché ad apprezzarne profondamente ogni giorno passato.
Se volessimo anche un itinerario plausibile del nostro percorso turistico, possiamo affidarci alle opere in mostra alle Gallerie d’Italia, che ben ricostruiscono l’esperienza in questione. La passione degli aristocratici del tempo per i “ricordi” (o meglio i “souvenir”) dei loro viaggi era tale, da indurli ad acquistare innumerevoli vedute e oggetti dei luoghi visitati. Per non parlare, poi, di quei personaggi curiosi che arrivavano addirittura a portarsi dietro l’artista personale, incaricato di immortalare per loro i paesaggi che più gradivano. L’esposizione raccoglie un buon numero di queste “cartoline ricordo” in forma di dipinto. Dopo tutto, la macchina fotografica, nel Settecento, non era ancora stata inventata…
Poche chiacchiere, è ora di cominciare il viaggio. Superiamo l’arco alpino attraversando il passo del Moncenisio (come erano soliti fare i tedeschi), e attendiamo le due settimane canoniche di quarantena. Eh sì: già ai tempi esisteva questa pratica, necessaria a evitare eventuali rischi di epidemia (oggi ne sappiamo qualcosa…) portati dagli stranieri.
Finito anche l’isolamento, la nostra carrozza (siamo aristocratici, e quindi ci muoviamo comodi) ci conduce alla prima tappa: Firenze, la città ambitissima per i capolavori rinascimentali, e le collezioni degli Uffizi.
Per avere un’idea dell’immagine fiorentina dell’epoca, la veduta di Thomas Patch giunge a proposito. Un’immensa distesa di case e casette dai tetti rossi, tra cui spiccano gli edifici iconici di Santa Maria del Fiore, di Palazzo Vecchio e di Palazzo Pitti. Tutt’attorno, domina la campagna toscana, con un verde caldo e accogliente, che invita lo straniero nordico a riposarsi baciato dal sole, in attesa di visitare i musei. Immancabile il giro agli Uffizi, diretto soprattutto alla “Tribuna”: quella grande sala in cui la Venere del Tiziano dialoga con la Venere dei Medici, stuzzicata di tanto in tanto dalle opere del Raffaello. Entrare lì dentro, per un uomo colto come il nostro Goethe, doveva essere un sogno. Il dipinto “La Tribuna degli Uffizi” di Zoffany esprime in chiave fantasiosa tutto quello stupore.
La seconda tappa del viaggio è Roma: la Città Eterna ricca di memorie del passato, rappresentate dalle sue affascinanti rovine. E sono proprio queste rovine ad essere centro di interesse degli intellettuali romantici, quali compendio di natura e opera umana. Si tratta di edifici costruiti da uomini, ma di cui la forza naturale ha riconquistato il potere. Roma ne è piena: dai monumenti cittadini, alle terme e alle ville situate nella campagna circostante.
Tipici souvenir romani erano i cosiddetti “capricci”. Ne vedete tantissimi in mostra, in quanto facevano le veci delle nostre cartoline. Un capriccio, in breve, era un dipinto in cui l’artista accostava vari monumenti e rovine della città, senza una logica spaziale definita. L’obiettivo era quello di includere in un’unica tela diversi scorci che avevano affascinato i turisti, cosicché questi si potessero portare a casa il loro ricordino. L’artista più esperto di tali soggetti era senza dubbio il signor Giovanni Paolo Panini, ma anche Francesco Zuccarelli non doveva essere male.
Proseguendo a sud, ecco Napoli, che, allora, era la città più popolosa d’Italia. Una vera metropoli, dunque. Una città curiosa, descritta da Goethe come “un paradiso abitato da diavoli”. Si capisce come fosse apprezzata per le sue bellezze, quanto anche per il curioso popolino che ci viveva.
Dobbiamo dire, infatti, che tra le “attrazioni” più ricercate nel Bel Paese dai visitatori, la gente del popolo rientrava indubbiamente. Non in senso dispregiativo (per carità), ma come vero e proprio elemento “tipico” del territorio: gli italiani erano personaggi unici. Unici nel loro modo di vestirsi pittoresco; unici nel loro buffo gesticolare e parlare; unici in certe usanze e comportamenti. E, come è facile immaginare, più si scendeva a sud, e più la curiosità aumentava: la distanza dalle rigidità nordiche diventava più evidente a ogni passo.
Napoli, con i suoi abitanti colorati e gioviali, era un buon museo diffuso e vivente di ciò. In più, c’era tutta la parte dei monumenti, del mare, e degli scavi archeologici. Proprio in quel periodo, giunsero alla luce le storie sepolte sotto la lava di Pompei ed Ercolano: immaginate quanto potessero essere attrattivi per i turisti settecenteschi. E, poi, c’era persino il Vesuvio. Uno spettacolo unico che superava qualsiasi altra esperienza; poter assistere a una sua eruzione era il sogno di molti aristocratici europei. Pensate che sir William Hamilton, noto rappresentante inglese a Napoli, era diventato una sorta di “ente turistico” per i suoi compatrioti viaggiatori, e organizzava gite di esplorazione del vulcano e dei suoi dintorni!
Per i più coraggiosi, il viaggio prosegue in Sicilia (molti desistevano per il caldo africano a cui non erano abituati…). Anche noi, come fece Goethe, possiamo avventurarci fin laggiù, per ammirare i resti dei templi greci di Agrigento, oppure i teatri di Taormina e Siracusa. Vale proprio la pena soffrire un po’ di caldo, per riempirsi lo sguardo con gli ulivi della Valle dei Templi, oppure con quelle colonne doriche a due passi dal mare.
Siamo giunti all’ultima meta del viaggio: la regina della Laguna, Venezia. Qui è il Canaletto a farci fare un giro in gondola per i vicoli, in attesa che cominci dal regata nel Canal Grande. Come vedrete dai quadri, ogni festa nella Serenissima era un’occasione unica in cui sfoggiare gli abiti migliori, approfittando di tutta la gente che ogni evento richiamava. Fosse il Carnevale, o la cerimonia dello Sposalizio del Mare, Venezia non badava mai a spese per agghindarsi per benino. Il risultato era qualcosa di così affascinante, da spingere anche la famiglia dello zar di Russia e il Tolstoj a prendere una gondola, e scoprire i segreti della Laguna.
Il nostro Gran Tour è ormai sul punto di concludersi. Prima di varcare nuovamente le Alpi, però, che nessuno si dimentichi di farsi scattare una foto ricordo. O meglio, di farsi fare un “ritratto ricordo” da uno dei tanti artisti locali che sono ai servigi dei visitatori (se non vi siete portati il vostro da casa). Quanto questo rituale fosse importante per i viaggiatori del Settecento ce lo fa capire l’innumerevole quantitativo di questi dipinti, che immortalano uomini, donne e fanciulli di tutte le età. Un’ulteriore conferma della passione straniera per la nostra Italia, capace di cambiare completamente la cultura e le prospettive prima possedute. Un’Italia brulicante di paesaggi e meraviglie da scoprire, che valeva la pena vedere nella propria vita.
… Un’Italia che, anche oggi, può essere utile ripercorrere da turisti, perché ciascuno di noi possa comprendere e apprezzare la ricchezza inestimabile che la nostra terra possiede.
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