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Il ritratto “senza posa” di un inquieto pittore bergamasco (di adozione)

Lorenzo Lotto. Soffermatevi su questo nome scritto in bei caratteri su una didascalia appesa nella Galleria dei Ritratti della Pinacoteca braidense. Di lui, ci sono lì affiancate quattro opere: quattro ritratti, piuttosto ben fatti. Uno, in particolare, dovrebbe stuzzicare l’occhio attento, il “Ritratto di gentiluomo con i guanti”. Il soggetto non è ben identificato… pare un benestante, forse nordico, vista la barbetta caprina squisitamente ramata. Chiunque esso sia, pare una fotografia scattata in un momento quotidiano qualsiasi. Forse prima di uscire di casa, o appena di ritorno da chissà dove. Di certo, nel momento in cui è stato immortalato, quel gentiluomo non aveva tempo di “stare in posa” troppo a lungo. O, forse, è stato l’artista stesso a volerlo fare “senza posa” di proposito, come a dargli un significato particolare…

Ritratto insolito, non pare anche a voi? Ancora più insolito, quando potete vedere giusto di fronte (siamo sempre a Brera) un bell’esempio di “ritratto di Stato” di mano tizianesca. Quell’effigie, sì, che è quanto i nobili del tempo si aspettavano dal proprio pittore di corte. Un’immagine “ufficiale”, in posa perfetta, impeccabile; un’immagine che facesse vedere tutto il fasto e l’imperiosità della loro persona. Un semplice ritratto immortalato nella vita di tutti i giorni, con i gesti che anche i grandi uomini (loro malgrado) erano soliti compiere lontano dai riflettori, sarebbe stato ben poco apprezzato. Così accadeva proprio con le opere del pittore prima nominato, Lorenzo Lotto, condannato da un fato avverso a starsene relegato un gradino sotto i nomi del suo tempo. Tiziano primo tra tutti. 

Con l’occhio meno di parte di noi contemporanei, possiamo invece apprezzare la superiorità dello scomposto e quotidiano gentiluomo con i guanti di mano lottesca, cercando di conoscere qualcosa di più sul suo autore. A osservare bene quelle rughe sul volto del protagonista, per non parlare delle vene delle mani, o del groviglio caprino, si coglie uno scorcio di estrema profondità. Profondità non soltanto tecnica (uno sfondo neutro analogo piacerà molto a Caravaggio, quanto ad Hayez…), ma ancor più emotiva. Lorenzo Lotto non era uno da prendere la vita in modo superficiale…

Per collocarlo nel tempo, proiettatevi nel nord Italia cinquecentesco, a Bergamo per la precisione. Egli fu veneziano di natali, ma bergamasco di adozione. Solo a Bergamo, infatti, ebbe per la prima volta lo spazio e l’atmosfera giusta per poter far sbocciare la sua splendida mano. 

Della sua vita poco si sa nella conoscenza comune. Il suo destino lo volle mettere fin da subito in secondo piano, dandogli occasioni di (piccole) glorie solo in provincia. Abbiamo detto Bergamo, e citiamo anche le Marche; Recanati in particolare. Questa regione centrale, infatti, divenne il suo ultimo rifugio, e la sua dimora eterna in cui finalmente riuscì a starsene un attimo “in posa”.

Potreste chiedervi, ora, come mai sia un continuo citare questo stare in posa o non rimanerci affatto. Giusta domanda. La risposta la trovate in un libretto, intitolato (guardate un po’!) “Senza posa – Lorenzo Lotto, tra Venezia, Bergamo e le Marche”. L’autore è un certo Stefano Zuffi: appassionato ed erudito di arte che, all’indomani del 2023 (anno in cui Bergamo e Brescia saranno Capitale della Cultura), è stato incaricato di scrivere un’operetta su un pittore bergamasco. Ecco giunta l’occasione propizia per fare luce su questo personaggio estremamente interessante, quanto storicamente “sfortunato”…

Tra i tanti aneddoti e vicende che potete collezionare pagina dopo pagina, qualcuno serve al nostro proposito. In primo luogo, è bene sottolineare il carattere estremamente sensibile di Lotto, capace di far emergere nelle pennellate tutti i pensieri e le inquietudini umane. Questi “moti interiori” si riflettono nella sua biografia, fatta di continui spostamenti e tormenti alla ricerca di un posto in cui potesse avere spazio per esprimersi, senza sentirsi inferiore ai grandi inarrivabili. Una vera dimora, la trovò solo alla fine della sua vita, quando divenne oblato presso la Santa Casa di Loreto: una “casa” degna di questo nome…

E tale inquietudine è quanto dovrebbe aver solleticato il nostro occhio di visitatori della Galleria dei Ritratti braidense. Comparando il gentiluomo con i guanti con l’opera di Tiziano, potete ben vedere la differenza. Il volto e la posa modellati da Lotto sono estremamente “umani”: dicono qualcosa della vera persona del soggetto, svestendolo dai panni ufficiali, e ammantandolo di quotidianità. Questo vi basti per capire le differenti sensibilità dei rispettivi autori; non c’è “migliore” tra i due, ma eccellenza in ambiti diversi. Finezze artistiche che, solo conoscendo qualcosa di più sul contorno che le ha generate, si possono davvero cogliere. 

Rimanendo ancora un attimo davanti all’uomo dalla barba rossiccia, lascio ai lettori un invito, e un arrivederci a presto a Lotto. L’invito è a indagare di più su questo profondissimo artista; l’arrivederci è una promessa a riprendere i fili della  sua vita per prossime interessanti scoperte. 

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