In aggiunta al quartiere di Brera, Milano ha una seconda Montmartre, forse ancora più caratteristica. Si tratta dei Navigli, e in particolare della sponda di destra – con il Duomo alle spalle – del Naviglio Grande. Se un po’ tutto il quartiere è pervaso da un’atmosfera pittoresca, in cui gli artisti (più o meno dotati) mettono in bella mostra i loro lavori, c’è un posto particolarmente speciale. Magico, in cui l’orologio è fermo al 1975. È in quell’anno che Gigi Pedroli inaugurò il Centro dell’Incisione: atelier, scuola, e spazio espositivo, tutto dedicato a questa tecnica. Nato come punto di ritrovo per un gruppo di amici artisti, è sopravvissuto agli anni e alle trasformazioni del quartiere. Ha visto il Naviglio Grande passare dall’essere la terra della gioventù bruciata e degli spacciatori – dove nessuno voleva andare – a una delle dodici strade più belle d’Europa secondo il NY Times.
I Navigli: da quartiere malfamato a Montmartre di Milano
Prima di raccontare la storia del Centro dell’Incisione, un po’ di contesto. Siamo nel Secondo Dopoguerra, quando i Navigli erano ancora il tredicesimo porto nazionale. Poi, nel 1979, l’ultimo carico sbarcò alla Darsena, che fu poi dismessa e abbandonata. Qualche anno di atmosfera naïf e di artisti attirati dagli affitti bassi, e poi la situazione degenerò. Droga, spacciatori, e gioventù bruciata appesa ai parapetti delle case cadenti. I Milanesi stavano alla larga; di turisti neanche l’ombra.
Questi era il difficile contorno in cui Gigi Pedroli e il suo gruppo di artisti si ritrovarono all’inizio. Attirare visitatori e clienti non era facile… ma gli sforzi furono poi premiati. Il motore della rinascita dei Navigli furono loro: gli artisti.Chi ebbe l’idea del Mercato dell’Antiquariato famoso a livello internazionale? Loro. Chi accese le prime file di lucine colorate sui canali? Ancora loro. E così si è arrivati a riaprire la Darsena per Expo, e alle menzioni del NY Times.
Palazzo Galloni: la sede del Centro dell’Incisione
Al civico 66 dell’Alzaia Naviglio Grande, sorge Palazzo Galloni. Si tratta di un complesso sorto agli inizi del Seicento, di proprietà dell’omonima famiglia di commercianti. A quei tempi, l’area attorno al Palazzo stava diventando piuttosto interessante in termini mercantili. I corsi d’acqua milanesi erano sempre più utilizzati come via di scambio, tanto che sorse – e si concretizzò – l’idea di crearvi un porto vero e proprio. Così nacque la Darsena… e a pochi passi Palazzo Galloni.
Ai tempi della costruzione, ce lo si deve immaginare un po’ diverso da come lo si vede oggi. Era infatti preceduto da un portico a cinque arcate – oggi ridotto a un’unica apertura che fa da ingresso del Centro – con funzione di deposito merci. E, poi, non era certo coperto dalla vegetazione: tutto il verde deriva da due piantine di vite del Canada, portate lì da Pedroli negli Anni Settanta, e cresciute nel tempo in modo esponenziale.
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