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“Et in Arcadia ego” … al Museo Diocesano

“Anche io fui in Arcadia”. Così scrivevano gli artisti appartenenti al movimento dell’Arcadia settecentesca. Così imprimevano queste parole di immortalità sulle tombe che rappresentavano nei loro dipinti, oppure tra le righe dei testi. Il significato dell’affermazione latina rimane ambiguo e misterioso. Lo si può interpretare come un ricordo di un momento di vita idilliaca, oppure la speranza che la propria eterna vita oltre la morte sia davvero in un posto simile…

… in un posto simile all’Arcadia, ovviamente. Per chi non riuscisse a recuperare nei cassetti della mente la descrizione di questo luogo, qualche cenno basterà. In fin dei conti, per poter dire anche noi di “essere stati in Arcadia”, occorre prima di tutto immaginarsela a dovere.

L’Arcadia rimanda a una certa regione della Grecia Classica, rimasta nei poemi antichi come un posto meraviglioso, dai toni campestri e fiabeschi. Un idillio di natura, vegetazione rigogliosa, pace e armonia; un sogno di atmosfere dolci, soleggiate, con bestiole al pascolo, condotte da contadini quieti. In breve, era quel luogo in cui soggiornavano i pastori-poeti greci, che cantavano di amori, di vita dei campi, e di genuini sentimenti. 

Se volete anche una citazione colta che faccia da ciliegina sulla torta arcadica, ecco le parole usate dal Winckelmann nel descrivere le opere artistiche della Classicità ellenica: “Nobile semplicità e quieta grandezza”. Ecco: come egli le riferiva alle sculture di Policleto, Mirone e altri (a voi il piacere di riscoprirli, se ve li siete dimenticati), così qui ci riconducono all’Arcadia. La natura essenziale, pura e raffinata, dai colori tenui e pacifici, ben poteva essere descritta in questo modo.

A questo punto, con l’idillio di immagini e tinte fiabesche appena evocate, siamo pronti ad entrare anche noi in Arcadia. 

Considerando i tempi contemporanei, grigi, metropolitani e inquinati, sembrerebbe un intento un po’ azzardato. Per non dire impossibile. Ma è qui che l’arte del passato ci viene in aiuto. È qui che le opere di chi è stato in Arcadia (con la mente, o con il corpo: chissà…) ci permettono di passeggiare tra quelle colline campestri piene di armonia. Basta sapere a quale porta andare a bussare…

Museo Diocesano di Milano, primo piano. Cercate la Collezione Pozzobonelli. Ubicazione insolita, per entrare in Arcadia, me ne rendo conto. Altra sorpresa che l’arte e i musei meneghini sanno offrire al curioso esploratore in cerca di posti fiabeschi anche con lo sferragliare del tram di sottofondo. Abbandonando per una mezz’ora la vita di tutti i giorni, ci è concesso di immergerci in un sogno di colori pastello e fronde maestose: vale la pena gustarselo nel profondo.

Francesco Zuccarelli, Paesaggio con cacciatore

Il segreto per apprezzare i paesaggi dell’Arcadia è lasciarsi prendere dai loro inviti ad addentarsi nel verde che racchiudono, e dimenticare il resto. Non c’è molto da capire dei soggetti: è un miscuglio di realtà, di fiaba, di mitologia e di vita quotidiana. C’è un po’ di tutto, senza una logica ben definita… proprio come accade nei nostri sogni notturni. Ed è questo il pregio.

I pittori che dipingono lo sfondo della nostra passeggiata campestre non sono molto noti. I loro nomi non fanno chiasso, ma si accostano silenziosi alle tele, lasciando che noi visitatori possiamo davvero gustarci le loro pennellate, senza sforzarci di capire chissà che. Potreste aver sentito un tale Francesco Zuccarelli, e soffermarvi un po’ più sulle sue opere; tuttavia, non c’è motivo per preferire particolarmente le sue vedute, rispetto a quelle di un tal Cignaroli, che ci delizia con i suoi fiorellini accanto al ponticello.

Ciascuno, poi, a seconda dei gusti, preferirà l’uno o l’altro scorcio di paesaggio. Il bello è che tutti, malgrado separati dalle cornici, sembrano in qualche modo essere connessi tra loro. Tutti sono finestre sullo stesso luogo. Tutti sono prospettive diverse della stessa Arcadia. 

… Arcadia che, poi, a dir la verità, non è nemmeno l’Arcadia della Grecia Classica. È un’Arcadia ben più vicina a noi, che nel suo essere “italiana”, ci facilita l’immedesimazione. 

Se fate attenzione, riconoscerete Roma, con i suoi resti di passato latino che compaiono qua e là, mescolati a una profusione di natura e figurini a metà tra il divino e il terreno. Trovate tutto, come già detto: realtà, storia e mitologia; ogni cosa armonizzata da luci chiare e pennellate delicate. Tale è la pace che evocano queste scenette, che persino il povero satiro Marsia che viene scuoiato, non sembra poi soffrire troppo (cercatelo in una tela…!).

Ho citato Roma, ma posso dire anche Livorno. Il porto di Livorno, per la precisione. Per gli amanti delle marine, ammirare l’acqua che si infrange accanto ai pescatori sarà una delizia. 

Si capisce come, l’Arcadia dello Zuccarelli, dell’Anesi e del Cignaroli, sia un posto davvero curioso in cui fare una passeggiata. Ce n’è per tutti i gusti: mare, campagna, bosco, e persino paesini sullo sfondo. 

Volendo citare due scorci su cui soffermarsi, il primo è (in ordine di percorso) quel ponticello detto sopra. Il ponticello del Cignaroli, su cui passa un gruppetto di amici a cavallo, in quella che ben potrebbe essere un’allegra gita fuori porta. Incantevoli le piante che circondano il ponte; pittoresco quel grumolo di case in lontananza. Verrebbe voglia di chiedere a uno dei personaggi quale sia il nome del posto…

Vittorio Amedeo Cignaroli, Paesaggio con fiume, armenti e figure

L’altro quadro fiabesco è dello Zuccarelli. È il “Paesaggio con figure e greggi”. Nome ben poco nobilitante (per non dire noioso), rispetto alla bellezza della veduta immortalata. Immergetevi nel suo paesaggio, e vi ritroverete accanto a un fiume, disperso in una campagna quasi fiamminga. Potrete far conoscenza di una coppia di contadine, che devono essersi appena alzate da un momento di pace sulla riva. Un po’ più lontano, ecco il belare delle pecorelle, che cenano allegre a poca distanza dalla cascina. Infine, se siete proprio curiosi, potreste avventurarvi ancora oltre, andando a bussare a una di quelle casette sulla destra. Chissà in che lingua vi risponderanno i proprietari? Certo, non in greco antico, e nemmeno in latino. In italiano contemporaneo? Forse… dopo tutto, siamo pur sempre tra le mura del Museo Diocesano!

Francesco Zuccarelli, Paesaggio con figure e greggi

Quando avrete deciso di riemergere dal vostro sogno campestre, soddisfatti della passeggiata, sarà il momento di tornare alla vita quotidiana. Tuttavia, scenderete dalla scalinata del primo piano con un pensiero in testa. Un pensiero con cui non eravate arrivati all’inizio. “Et in Arcadia ego”. “Anche io fui in Arcadia”. “Anche voi foste in Arcadia”.

… in Arcadia, ammirando i quadri della Collezione Pozzobonelli del Museo Diocesano. 

Una risposta a ““Et in Arcadia ego” … al Museo Diocesano”

  1. Avatar Sergio
    Sergio

    Che bello! Mi è sembrato di essere anch’io in visita.

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