Quel giorno, poco prima di varcare la soglia della “Galleria degli Affreschi”, la Risolartista fece (quasi) uno scontro curioso. Si ritrovò sulla traiettoria di un personaggio piuttosto ingombrante, quanto molto insolito da trovare in un museo. Era un giardiniere.
Era un giardiniere vero, anche se dall’aspetto pittoresco, con tanto di cesoie che sporgevano dalla tasca, e mani annerite dalla terra. Certo, non dava l’impressione di essere uno dei soliti giardinieri che si vedono ad affannarsi nei vani tentativi di potare le piante delle vie cittadine. Quelli sono giardinieri comuni, che sanno di botanica tanto quanto potrebbe saperne un scolaro mediamente studioso in età liceale. L’ometto in questione, invece, pareva proprio un esperto. Un esperto un po’ nel suo mondo, popolato sicuramente dalle creature vegetali più rare e affascinanti. Per farvela breve, poteva benissimo essere uscito da uno di quei libri di avventura alla Jules Verne, solo in ambito strettamente botanico.
Tutto questo per introdurvi alla scena ancor più curiosa a cui l’artista ebbe modo di assistere poco dopo. Il luogo in cui avvenne (ve lo preciso, così potete immedesimarvi meglio) era esattamente l’angolo destro della “Galleria degli Affreschi”, proprio dove è appesa, ancora oggi, la “Madonna del Roseto” di Bernardino Luini.
Vi ho parlato del giardiniere, ma mi sono dimenticata di sottolinearvi come mai fosse così “ingombrante”. Non era particolarmente grasso (anzi, era un fuscellino!), ma era carico di rami secchi, fogliame e fiori appassiti che doveva aver trovato chissà dove. In effetti, se ci pensate bene, all’interno di un museo i fiori veri non crescono né sugli alberi, né sulle aiuole. Nessuno ha mai visto delle piante in “linfa e ossa” che spuntano agli angoli delle sale…
Tuttavia, la magia di Brera sa rendere veritiero ogni sogno più pittoresco e inverosimile. Ormai dovreste averlo capito. Anche la Risolartista, però (lo dobbiamo ammettere), quella volta rimase davvero stupita davanti a quanto stava accadendo attorno alla “Madonna del Roseto” del Luini.
Perché possiate immaginarvi meglio la scena, è bene ricordare qualche dettaglio del dipinto in questione: chi non ha idea di cosa sia è difficile che si goda la storia.
La Madonna del Roseto è un capolavoro di naturalismo della pittura lombarda di inizio ‘500 realizzata dal signor Bernardino Luini. Da fedele seguace di Leonardo, egli era bravissimo nel rendere lo “sfumato” tipico leonardesco, così come nel riprodurre i dolci lineamenti femminili. Se confrontate i volti dipinti dai due artisti, potreste trovare notevoli somiglianze: il nostro Luini doveva avere una vera passione per il collega fiorentino!
Oltre a ispirarsi a Leonardo, però, Bernardino adorava anche la pittura fiamminga. Ne aveva studiato quella grande cura dei dettagli, delle minuzie, e della passione per la resa degli elementi vegetali. Cura, che si era impegnato lui stesso a riprodurre nelle sue opere, dando vita a elementi floreali che parevano emanare profumo dalla tela. La Madonna del Roseto, con la dolcezza della Vergine ammantata di color pesca, e i boccioli della parete di rose che la circondavano, era un perfetto esempio di quanto appena detto.
Ora che tutti avete in mente il dipinto, possiamo tornare alla storia…
Ebbene, quel giorno, l’orsetta Fernanda aveva deciso di fare qualcosa di speciale. Aveva deciso (a quanto sembrava) di dare una sistemata al roseto che cresceva alle spalle della Madonna. Motivo per cui, quando la Risolartista giunse davanti al quadro, la trovò tutta indaffarata a rinvasare una serie di giovani piantine di rose rampicanti, che dovevano essere giunte lì da poco. Peccando di curiosità come al solito, non poté fare a meno di chiedere spiegazioni all’amica orsetta…
Si trattava di un nuovo progetto che avrebbe voluto inaugurare presto, dal nome “Fiori a Brera”. L’idea le era venuta ripensando a quando l’antica direttrice della Pinacoteca, Fernanda Wittgens, aveva organizzato un’omonima iniziativa nei lontani anni ’50. A quei tempi, in occasione dell’evento milanese intitolato la “Settimana del Fiore”, anche lei aveva voluto far partecipare il suo bel museo ai festeggiamenti. Pensate che, da bravissima esperta di marketing (quando il marketing nei musei nemmeno esisteva), aveva avuto un’idea commerciale davvero geniale. Era riuscita a fare una delle prime collaborazioni tra un museo e un’azienda privata della storia: aveva coinvolto la Rinascente (sì: proprio i grandi magazzini milanesi!) in una campagna pubblicitaria straordinaria. Per quella settimana, un dipinto della Pinacoteca era stato esposto nelle vetrine luccicanti della Rinascente, con tanto di cartello che invitava ad andare a visitare in quei giorni Brera, che, per l’occasione, sarebbe stata adornata di fiori, e aperta fino a notte. Il numero di visitatori che riuscì ad attrarre in quel modo fu impressionante: 180 mila persone in una sola settimana!
Ecco: con lo stesso spirito imprenditoriale della direttrice Fernanda, anche lei, l’orsetta Fernanda, aveva intenzione di fare qualcosa di simile. Pensava davvero che potesse essere un modo per far riscoprire le meraviglie di Brera ai cittadini, spesso troppo impegnati per pensare anche solo di fare un giretto tra le sue sale. Chiaramente, bisognava cominciare dalle basi; bisognava partire con dei piccoli passi per far “rifiorire” letteralmente la Pinacoteca. Prima di pensare a organizzare un nuovo “Fiori a Brera”, con fiori veri per ogni sala, come era accaduto ai tempi, era il caso di sistemare quei fiori “dipinti” che se ne stavano rinsecchiti e smorti nei vari quadri. Negli anni ’50, la direttrice si era sicuramente curata di rinfoltire come prima cosa le chiome delle piante all’interno delle opere; altrimenti, tutti i boccioli fuori dalle cornici avrebbero fatto sfigurare i soggetti delle tele.
Con notevoli sforzi, l’orsetta era riuscita a trovare il contatto dell’erede di uno di quei vecchi giardinieri “dei dipinti”, che già in passato la Pinacoteca aveva assoldato al suo servizio. Come è facile immaginare, non basta un giardiniere qualunque per mettersi a potare gli alberi e piantare nuovi fiori all’interno di un quadro! Servono competenze e sensibilità particolari. Per fortuna, anche se molto rari, ancora qualche esemplare di giardiniere “dei dipinti” sul mercato lo si può trovare. È una professione in declino, ma ancora in vita, visita la loro magistrale importanza…
Di conseguenza, quell’ometto con cui la Risolartista si era scontrata poco prima, era proprio un “giardiniere dei dipinti”, che stava portando via tutti i rami secchi che affollavano il quadro della Madonna del Roseto. Dopo anni di abbandono (visto che nessun lavoratore competente in materia era più stato assunto), il roseto alle spalle di Maria era tutto rinsecchito: pochissimi erano i boccioli ancora in vita. Era necessario sostituire le piante, con esemplari nuovi, che potessero riportare il dipinto al suo splendore originale.
Così com’era ridotto, risultava accattivante per ben pochi visitatori; rimesso a nuovo, pieno di boccioli, avrebbe fatto tutto un altro effetto. Confidando nelle doti del giardiniere, l’orsetta sperava di poter cominciare a rendere di nuovo “rigogliosi” i dipinti della Pinacoteca, in attesa che diventassero tutti presentabili per l’evento “fiori a Brera” che avrebbe fatto presto. L’opera del Luini era un buon inizio.
La Risolartista, come penso siate anche voi, era davvero affascinata da questo progetto. Era affascinata dall’idea, ma ancor più dall’aver scoperto che, per conservare un quadro, non basta il lavoro dei restauratori, ma serve anche quello dei giardinieri!
Davanti all’invito a sporcarsi anche lei le mani di terra, e aiutare a piantare le nuove roselline nel dipinto, non se lo fece ripetere due volte. Abbandonò il cappotto in un angolo, e si rimboccò le maniche, per cominciare a rinvasare la sua prima rosa destinata alla Madonna del Luini. Già si sentiva parte di quella grande opera che sarebbe diventata “Fiori a Brera”. Già non vedeva l’ora di vedere come sarebbe stato bello il quadro, una volta sistemato per benino, con tutti i suoi nuovi boccioli. Non ci sarebbe stato un altro roseto al pari di quello: la Pinacoteca avrebbe fatto invidia al vicino Orto Botanico!
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