Tra tutti i borghi umbri in cui dimorano botti di vino buono, uno svetta in particolare. Dalla cima della sua montagnola domina le colline circostanti, come fosse il re dinnanzi alla sua corte.
Una corte di vigneti, di tralci verde brillante che tirano righe dritte sul terreno generoso, si estende attorno. È la terra del vino umbro per eccellenza: la terra del Sagrantino. Ed è uno il paese che possiede il vanto di esserne l’origine indiscussa… Montefalco.
Nel suo nome, c’è già qualcosa di regale, un che di imperiale, che eleva questo borgo un gradino sopra i suoi vicini. Si dice che derivi dal fatto che qui, un tempo, i falchi erano di casa; oggi se ne vedono pochi, ma nessuno ne sente poi troppo la mancanza. Malgrado si trovi a due passi da Spello e Assisi, regge perfettamente il confronto. Anche se per motivi diversi. Non sono i fiori, né l’essere la meta francescana per eccellenza, i suoi piatti forti. Ciò che si associa a Montefalco è il Sagrantino prima di tutto, e il Benozzo Gozzoli subito dopo. O meglio, lo si dovrebbe associare… spesso, però, ci si annega nel nettare purpureo, dimenticando tra i sue effluvi alcolici il tesoro d’arte custodito nella città. È l’occasione buona per gustare entrambe le prelibatezze montefalchesi, l’una accanto all’altra.
La Strada del Vino (nome evocativo) conduce fino al borgo, accompagnando il visitatore attraverso le varie località note per le loro produzioni vinicole. Torgiano, Bevagna… ogni grumolo di case sarebbe buono per farci una tappa con assaggio annesso. Ma, fidatevi, vale la pena tirare dritto, e arrivare fino in fondo. Il primo motivo è il paesaggio: quelle distese regolari di viti, che si alternano in un’antitetica irregolarità di macchie boscose e campi coltivati. Le pannocchie fanno da vicine di casa all’uva; i vigneti introducono una pennellata d’argento nel verde smeraldino dei tralci. Sembra di vedere il Chianti invidioso che scruta da lontano queste belle colline umbre…
Quando, poi, si è soddisfatti della scorpacciata di colori e di grappoli purpurei quasi maturi (supponendo che stiate gironzolando durante le vacanze agostane), è il momento di procedere verso la cima. Un’ultima occhiata alle distese di Sagrantino, e le mura di Montefalco vi abbracciano, accogliendovi con il loro profumo antico.
C’è aria di Medioevo, di un Medioevo collocabile intorno al XII secolo. Le taverne di ieri sono le enoteche di oggi; i bevitori pressoché gli stessi. Davanti a un bicchiere di vino intenso, l’uomo si risveglia per quello che è, senza farsi troppi problemi di galateo più o meno contemporaneo.
Si sale dalla via turistica principale, in cui gli osti accolgono con il sorriso più smagliante i tanti turisti stranieri, inebriati ancor prima di sedersi al tavolo. Basta qualche bell’aggettivo, e il Sagrantino diventa ambrosia da accompagnare a qualsiasi pietanza: dai tartufi alla torta al testo. L’allegria non manca… e come potrebbe? Il buon cibo, e il vino ancor più buono, mettono solide basi a pranzi, cene, aperitivi (e colazioni) gioviali e spensierate.
Per chi ha ancora lucidità sufficiente, però, Montefalco riserva qualcosa di ancor più speciale. Certo, lo si deve andare a cercare.
Se si abbandona il corso affollato, infilandosi alla cieca in qualche vicoletto perpendicolare, l’atmosfera cambia. Tutto diventa più intimo, più mistico… si riscopre il carattere spirituale del borgo, che fu a suo tempo dimora dei Francescani. Svolta dopo svolta, in quegli angoli di pietra medievale, un aroma di incenso si diffonde nell’aria. Di primo acchito, potrebbe sembrarvi qualche legno messo sulla brace particolarmente fragrante: ma no. È proprio incenso.
Proviene dalla piccola chiesetta di santa Lucia. A vederla da fuori, la si scambia per una delle tante abitazioni. Una volta dentro, con il suo profumo di incenso e le sue otto panche in croce, rivela la sua vera identità. Se si vuole dire una preghiera semplice e pura, quello è il posto giusto. Niente fronzoli, solo un’affresco della Santa che ci guarda dalla sua antica origine, e qualche cero acceso. Pare di essere una pia donna montefalchese nel pieno del XII secolo, periodo d’origine della chiesa.
Dopo una simile pausa mistica, sarete sufficientemente pronti per accostarvi al capolavoro di Montefalco: gli affreschi di Benozzo Gozzoli.
Detto così, per chi magari non ha mai sentito parlare del pittore, sembra un po’ esagerato. E lo sembrerebbe anche alle orecchie dei critici d’arte del secolo scorso, che giudicarono piuttosto mediocre il suddetto capolavoro. Giustifichiamo subito questi ultimi, dicendo che, fino a un anno fa, gli affreschi erano molto rovinati. I restauri allora più recenti avevano in molti casi peggiorato (anziché migliorato) il dipinto originale, causando una visione alterata e fittizia. Ora, invece, con l’abside riportata al suo genuino splendore, si può riconoscere nell’opera di Benozzo un vero capolavoro.
Rimane da sciogliere il nodo di chi sia questo Benozzo. Non è colpa di nessuno se non sapete di chi si tratta… in fondo, le pagine dei libri di storia dell’arte sono fatte (anche) per essere saltate.
Dunque, un breve cenno all’artista è doveroso. Benozzo Gozzoli fu un pittore toscano attivo nel 1400, che ben si inserisce all’interno della cerchia degli artisti fiorentini del Primo Rinascimento. Beato Angelico fu suo maestro e sua grande fonte di ispirazione; i suoi colori pastello, le sue fisionomie delicate, e un ottimo utilizzo della prospettiva, sono tutti tratti che si ritrovano anche nello stile di Benozzo.
Per quel che riguarda le sue opere principali, possiamo citare la cappella di Palazzo Medici Riccardi (a Firenze), le cui parete sono completamente ricoperte dallo splendido affresco che raffigura la “Cavalcata dei Magi”. Si tratta di un lavoro dal valore tanto pittorico quanto politico (per i contemporanei del Quattrocento), in cui si possono riconoscere diversi membri del casato dei Medici, con chiari intenti propagandistici e celebrativi.
Accanto alla Toscana, anche l’Umbria vide più volte i suoi pennelli in azione; in particolare, i centri in cui l’artista fu più attivo furono Orvieto, per la decorazione del Duomo, e Montefalco.
… E siamo qui, a Montefalco, proiettati con la mente (e si spera presto di persona) nel cuore dell’abside della chiesa di San Francesco. Nella luce che filtra dalla vetrata, si animano dinnanzi a noi le scene della vita di san Francesco d’Assisi, che risplendono con i loro colori freschi di restauro. Dodici riquadri in tutto, ma con più episodi raggruppati assieme, per un totale di ventotto tematiche diverse. A sostenere e contornare il tutto, splendidi costoloni ricoperti del tipico motivo umbro a “piume di pavone” azzurre.
Partendo da sinistra in basso, e procedendo verso destra, registro dopo registro, possiamo rivestire i panni di quei pauperes (poveri non istruiti), che nei secoli passati apprendevano le vite dei santi leggendo le immagini. Affreschi come questi, infatti, sono un ottimo esempio di “Biblia pauperum” (Bibbia dei poveri), voluti dai committenti con il doppio obiettivo di decorare e istruire.
In questo caso, il committente fu fra’ Jacopo da Montefalco, colto membro dell’Ordine dei Frati Minori, che volle rendere onore a san Francesco con un nuovo ciclo di affreschi che adornasse la chiesa a lui dedicata. Benozzo Gozzoli, chiamato a portare a termine questo incarico prestigioso, seguì le linee guida del dotto frate, ispirandosi a tre diverse fonti. Prima di tutte (piuttosto scontata), erano gli affreschi di analogo soggetto dipinti da Giotto nella vicina Assisi; poi vi era la “Legenda Maior” di Bonaventura da Bagnoregio (biografia ufficiale di Francesco dal 1266); infine, un testo di tradizione locale, la “Leggenda dei Tre Compagni”, che narrava alcuni aneddoti inediti non presenti altrove.
Ciò che ne venne fuori, lo potete vedere da voi. Un tripudio di colori brillanti, che illustrano i miracoli di san Francesco e alcune curiose vicende poco note. La cosa che più rimane di tutte quelle scene, però, si può gustare solo dopo aver passeggiate per i vicoli di Montefalco e le sue vigne di contorno. Se fate attenzione all’episodio che raffigura al contempo la “Predica agli uccelli” e la “Benedizione di Montefalco”, e vi concentrate sul paesaggio di sfondo, noterete qualcosa di familiare. Quella che è la “Strada dei Vini” percorsa per arrivare lassù oggi, è la stessa che solca quei colli dipinti. Le vigne di Sagrantino che luccicano al sole contemporaneo, non si allontanano troppo da quelle dipinte. E gli agglomerati di case lì nell’abside, non sono altro che la vicina Bevagna, Assisi sotto il Subasio, Spello e, ovviamente, Montefalco.
Ecco. Ecco ciò che di speciale hanno gli affreschi di Benozzo Gozzoli nella chiesa di san Francesco. Sono dipinti capaci di creare un ponte tra passato e presente, tra Rinascimento e Nuovo Millennio. Il tutto all’insegna dell’arte… e del buon vino.
Consigli di lettura:
Guida al Museo Comunale di San Francesco a Montefalco
A cura di: B. Toscano, M. Montella
Giunti, 1999
Una guida breve, ma interessante sui capolavori conservati nel complesso della chiesa di San Francesco, con qualche utile inserto di contorno che aiuta a completare le lacune conoscitive e ad apprezzare le opere.
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