Piovevano castagne e pezzi d’autunno, in quel pungente pomeriggio nel castagneto di Rezzago, nel cuore della Brianza buona. Sembrava di essere in un mondo parallelo: poco distante dalla città, ma a sufficienza da essere la residenza di simpatici animaletti del sottobosco, ghiotti di frutta secca e biscottini gentilmente offerti. Eppure, prima di arrivarci, nessuno lo avrebbe mai detto.
Nessuno avrebbe mai pensato che in Lombardia, a neppure un’ora dalla metropoli meneghina, sorgesse un simile bosco così fiabesco. Fossero i colori autunnali a renderlo magico, fossero i pensieri allegri e dipinti di autunno di quel giorno… non si sa. Ciò che conta è il dato di fatto: il castagneto di Rezzago aveva un’atmosfera speciale.
Per raggiungerlo, dovete arrivare quasi fino al Lago di Annone, ma poi salire in quota, un pochetto sulla sinistra. Troverete lì ad aspettarvi un tranquillo paesello pietrato, con accenni a castagnate e sagre goderecce (se il periodo è quello giusto). Abbandonata la macchina, tirate dritto verso i boschi, lasciandovi guidare dai cartelli che riportano scritto “sentiero per i funghi di terra”. Se vi venisse l’interrogativo sul significato di questi soggetti, prendete per buona la definizione sommaria di “rocce dall’aspetto di fungo”, che sembrano vive, a tal punto da distruggersi e riformarsi nel corso degli anni. In questo caso non è di fenici che risorgono dalle ceneri che si sta parlando, ma di particolari effetti erosivi che i geologi conoscono meglio degli artisti…
Torniamo al sentiero. Torniamo a quel sentiero che (si spera) avrete trovato vagando tra le case, con la ferma convinzione che l’intuizione giusta sia quella di puntare alla montagna, alle spalle del paese. In un modo o nell’altro (si può dire che “tutti i sentieri portino al castagneto”), sarete tra i boschi; ed è lì che comincerà la magia…
Se la stagione è matura, le castagne lo saranno allo stesso modo. Se la stagione è abbondante, i frutti del sottobosco seguiranno a ruota, animando lo spettacolo che si cela tra le fronde brianzole.
Quella volta, era una volta “buona”. Il foliage avvolgeva tutt’attorno; ciascun castagno gareggiava con i vicini per conquistarsi più occhiate di quei pochi visitatori che erano lì “per castagne”. Giallo oro, arancio, porpora e rosso rubino: tutti gli abiti migliori che la natura aveva saputo cucire durante l’estate erano indossati dai protagonisti del bosco. I tronchi bruni si stagliavano sul tappeto multicolore, creando un contrasto che faceva solo piacere agli occhi.
Camminare nel castagneto era come un lasciarsi solleticare da quella pioggia dolce e rinfrescante che non necessita di ombrello. Era un piacere sentire il suono delle foglie che si depositavano di continuo su altre loro compagne, aumentando la morbidezza della coltre di sottobosco. Fossero state bianche, avrebbero avuto la grazia di fiocchi di neve.
Ogni tanto, però, qualcosa interrompeva all’improvviso l’acquerugiola fogliata, causando un rumore decisamente più intenso.
Era un riccio.
Un riccio… carico di frutti squisitamente maturi. E, così, una volta identificato il luogo di caduta, si correva a schiacciarlo con il piede, per liberarne il contenuto color cioccolato. Quattro, cinque, sei… anche sette, se si era fortunati. Ogni riccio era una sorpresa, quasi gradita quanto un ovetto pasquale. Certo, non si poteva goderne lì per lì su due piedi… le castagne fresche (e crude) erano cibo per scoiattoli, non per poveri essere umani costretti ad attendere di rincasare…
Nel profondo, però, già un che di delizioso si snocciolava man mano che il sacchetto con il bottino si riempiva. La sera, o l’indomani, la nonna avrebbe messo mano a quei frutti, trasformandoli in opere d’arte ben più godibili. Immagini di cucchiaini pieni di marmellata di castagne si alternavano al foliage brianzolo, e i ricci caduti in cui si inciampava di continuo facevano ben sperare per la lauda quantità che ne sarebbe risultata.
Se anche voi siete ghiotti di castagne quanto uno scoiattolo (vale anche per la marmellata!), ora sapete dove andare a cercarle.
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