Una scoperta archeologica da non dimenticare
1922 – 2022. Cent’anni sono ormai trascorsi da quell’inaspettato mucchio di “terrecotte e bronzi di magnifica fattura greca”, che emersero durante gli scavi di bonifica delle valli di Comacchio. Da allora, gli archeologi non si sono più arrestati, continuando ad approfondire e incrementare il patrimonio di conoscenze della città etrusca che fu Spina.
La Fondazione Rovati, inserendosi nel filone celebrativo di questa importante ricorrenza, dà il suo contributo con una piccola mostra temporanea in collaborazione con il Museo Archeologico milanese. Fino al 5 marzo, alcuni preziosi esemplari delle suddette terrecotte di magnifica fattura, ispirate alle figure rosse greche, saranno esposti al Piano Nobile, in dialogo con gli altri manufatti etruschi e contemporanei della collezione. È un’occasione per rispolverare la storia legata alle antiche origini di Spina.
Le origini di Spina etrusca
Per rievocare la vita di Spina ai tempi della supremazia etrusca sulla Penisola, partiamo dalla mitologia. Variegati sono i miti che ne narrano le origini: c’è chi sostiene che fu costruita dai Pelasgi (popolo della Tessaglia), e chi identifica in Diomede il suo fondatore. Ciò che le informazioni storiche dei resti ci riportano è una nascita collocata nel VI secolo a.C.
La posizione di Spina era assai strategica, commercialmente parlando. Era infatti situata in punto ben riparato dalla costa, che ne faceva il polo ideale in cui collocare lo snodo mercantile tra Etruria e popoli stranieri affacciati sul Mediterraneo. Greci prima di tutti. La presenza delle terrecotte greche conferma gli stretti rapporti commerciali che la città ebbe con Atene. Dovete immaginarvi grandi navi cariche di vasi mercanzia (molto raffinati) e vasi contenitori (di olio, vino, ed essenze), che partivano dal porto greco del Pireo, per poi giungere a Spina. Lì, le merci erano smistate, e direzionate nelle varie città etrusche disperse lungo la penisola. Prima di invertire la rotta, le imbarcazioni erano riempite di prodotti da dare in cambio: dal grano (gli Etruschi erano grandi produttori), ai vasi di bucchero, ai manufatti di bronzo e al vino. Da ciò si intuisce come il commercio non prevedesse monete, bensì il semplice baratto.
Le Necropoli e i corredi parlanti
Centrali nei ritrovamenti, le Necropoli e le loro 4000 sepolture ci hanno fornito ampio materiale di studio, che narra della vita etrusca più di tanti altri reperti. Dalle tombe, e soprattutto dai loro corredi, emerge uno spiccato gusto alla greca che doveva pervadere tutta la città. Le moltissime ceramiche attiche, a figure nere, oppure rosse, provenivano dalle migliori botteghe della Grecia. Testimonianza importante per confermare la fittissima rete di scambi che univa Spina ad Atene. E tale legame si rifletteva in ogni aspetto della vita quotidiana: simili erano le abitudini alimentari, i costumi… fino ad arrivare ai riti funebri. Anche nel passaggio all’aldilà, le usanze etrusche erano ellenizzate, completando il cerchio di rimandi alla Magna Grecia: il migliore esempio di civiltà di allora.
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