Non era quella la prima volta in cui la Risolartista si aggirava per i sentieri del Toppo: il posto le era abbastanza familiare. Tuttavia, non aveva mai fatto troppa attenzione a quel grande prato che costeggiava la salita principale. Colpa della fretta? Forse. Oppure, semplicemente, aveva sempre preferito rivolgere lo sguardo in direzione opposta, osservando attentamente il sottobosco alla sua sinistra. In effetti, c’era un buon motivo per farlo: era, ed è, un ottimo posto in cui cercare asparagi di bosco. Si spera che, almeno questi, vi siano abbastanza noti. La differenza, rispetto a quelli che si trovano comunemente al mercato, è che qui si tratta di asparagetti sottili sottili, che spuntano come funghi dal terreno umidiccio. Qualcuno li chiama “asparagine”; gli abitanti del Trasimeno preferiscono continuare a definirli “di bosco”, un po’ come fossero frutti di bosco. Dopo tutto, sono buoni almeno quanto fragoline e mirtilli!
Ma non divaghiamo. Stavamo dicendo che la Risolartista, a spasso in direzione del Toppo, quella volta diresse la sua attenzione al Grande Prato. In realtà, volendo essere onesti, dobbiamo dire che anche allora stava scrutando attentamente le erbe del sottobosco, in cerca di qualche asparago. Quando, improvvisamente, qualcuno balzò fuori da un cespuglio. Era un leprotto.
Un leprotto che trascinava con sé un cestino di vimini a rotelle, carico proprio… di asparagi di bosco! A ogni saltello, anche quello accompagnava il movimento, rischiando di rovesciarsi di continuo. Eppure, nemmeno uno dei prodotti della sua caccia abbandonava il suo contenitore: tutta tecnica raffinata negli anni!
Si trattava di Toppolo, il Leprotto del Toppo. Quel giorno, poco prima di cena, aveva approfittato del tiepido sole di inizio maggio per andare a cogliere un mazzo di asparagi per cena. La loro stagione, ormai, era lì lì per finire: valeva la pena di gustare quelle delizie fino all’ultimo. Il tempo, poi, era propizio; dopo una notte di pioggia il terreno umido favoriva la voglia di mettersi in mostra di quei frutti di bosco.
Immaginatevi lo stupore della Risolartista. Certo, era abituata a fare incontri insoliti tra quelle colline lacustri; nondimeno, trovarsi davanti un leprotto con una cesta carica di asparagi fa sempre un certo effetto. Senza pensarci due volte, si mise a seguire l’animaletto, prima con lo sguardo, e poi saltellandogli dietro (neanche troppo silenziosamente). Questo era così soddisfatto e gongolante per la sua caccia di asparagi assai fruttuosa, che non pensava ad altro, se non all’uovo strapazzato con cui li avete cucinati! …Tanto, da non accorgersi affatto di essere seguito.
Qualche balzo, e si inoltrarono entrambi tra le erbe alte del Grande Prato. Il sole e l’aria primaverile di maggio avevano già fatto crescere notevolmente i lunghi fili verdi, e gli steli fioriti. Tutta la distesa era punteggiata da grappoli di petali bianchi. Piccoli, quanto innumerevoli; era come se la Via Lattea fosse precipitata sul prato. Non solo: qua e là svettavano i papaveri vermigli, quasi fossero gocce di cioccolato su un frollino biscottato.
E poi, c’erano gli ulivi. immancabili. Ordinati, lungo un unico filare; sufficientemente distanti l’uno dall’altro, da toccarsi appena. È proprio in direzione di uno di quelli che il leprotto portò la Risolartista. Lì sorgeva la sua curiosa casetta. Dovete immaginarvela costruita per metà nel tronco cavo dell’ulivo, e per l’altra metà al di fuori, con assi di legno variopinte, che sfruttavano i sostegni delle radici. Tutt’attorno, un giardinetto ordinatissimo, con un orto brulicante di verdure e piante aromatiche. Subito si notava la passione per il giardinaggio del proprietario in questione. Attrezzi, annaffiatoi e cazzuole spuntavano negli angoli; dimenticati lì, o, forse, strategicamente posizionati dove potevano essere più utili all’occorrenza.
In breve, il leprotto sfoderò la chiave della porta; e si apprestava a entrare, quando fu interrotto da un saluto squillante. La Risolartista si era fatta coraggio, e aveva deciso di fare conoscenza. Davanti a quel visino simpatico e allegro, Toppolo non poté che ricambiare il saluto, e rinviare a qualche minuto dopo la preparazione della sua cena. Valeva la pena di presentarsi.
Poca la timidezza: entrambi erano di spirito chiacchierone, e trovarono subito un ottimo argomento di cui parlare: l’orto. I complimenti da parte della ragazzina per l’impeccabile coltivazione servirono solo ad avviare una buona mezz’ora di conversazione al riguardo.
La cena, però, fremeva di essere preparata. Gli asparagi sembravano chiamare le uova fresche. Entrambi i nuovi amici, concordarono tacitamente di interrompere i discorsi, e pensare a portare in tavola qualcosa di buono. Effettivamente, il leprotto quella sera aveva portato a casa così tanti asparagi, da poter cucinare uova strapazzate per due. Se non per tre. Presto fu fatto: qualche tramestio in cucina, e Toppolo se ne uscì dalla porticina con una teglia gigante (quanto di più grande aveva che potesse andare bene per un umano) per la Risolartista, e un piattino adatto a lui. Mangiarono con gusto, continuando le chiacchiere sugli ortaggi, l’uno sul suo tavolino da giardino, e l’altra appoggiata al tronco dell’ulivo. Non ci poteva essere nuova conoscenza migliore da fare all’ora di cena di una serata di maggio: l’occasione più propizia per assaporare in compagnia gli asparagi di bosco!
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