I fiori preferiti della Risolartista erano e sono tutt’oggi i girasoli. Facile immaginare il perché.
In primo luogo, i girasoli sono gialli; e lei è innamorata del giallo, e di tutte le sue dolci e tiepide varianti cromatiche.
Poi, i girasoli sono allegri, gioiosi, e mettono di buon umore; il fine ultimo di ogni sua operetta è allo stesso modo quello di regalare qualche momento di spensieratezza al suo piccolo pubblico.
Ancora, i girasoli erano il fiore prediletto dal pittore prediletto dalla Risolartista. Una predilezione al quadrato, insomma. Chi era costui? Il Signor Vincent… quello famoso giusto giusto per un vaso con dei girasoli rinsecchiti…
Infine, i campi di girasole sono il tipico paesaggio che le viene in mente pensando all’estate nei campi del Trasimeno. Dove non ci sono i colli pullulanti di ulivi, ci sono sterminate distese di giallo vivo. Distese di giallo, che sembrano formate da tanti piccoli soli infuocati, così caldi da essersi bruciacchiati tutti nel centro. Non c’è solo il giallo in un campo di girasoli, ma anche un marrone caffè ben tostato, e un contorno verde che passa dall’essere color bottiglia, all’olivastro degli ultimi istanti di vita.
Quest’amore per i girasoli era sufficiente a instillare anche nell’agosto di quell’anno un desiderio tutto dipinto di giallo. Un desiderio d’artista amante dei girasoli, che certo il caro vecchio Vincent avrebbe condiviso…
Si trattava della voglia indescrivibile di mettere i piedini in un campo pieno di girasoli, di passeggiarci in mezzo, circondata dalle mille sfumature di giallo. Non solo: sperava anche di poterne trovare qualcuno desideroso di essere immortalato sul suo quadernetto di acquerelli…
Purtroppo però, e se ne rese conto ben presto, era troppo tardi per sperare di correre tra i girasoli. Era agosto, e i girasoli non ci sono più in agosto! La loro fioritura è in giugno, inizio luglio al massimo. Ma ad agosto, forse, se ne possono trovare giusto i semi da mettere sul pane…
Quando la Risolartista ebbe mandato giù una simile amara constatazione, fu lì lì per rinunciare al suo desiderio color girasole. Non avendo nulla da perdere, però, decise comunque di fare un piccolo tentativo. Avrebbe fatto una caccia tardiva ai girasoli d’agosto! Chissà che non ce ne fosse davvero qualcuno che si era svegliato tardi a fiorire…
Scelto un bel pomeriggio di sole color girasole (adatto all’occasione), si preparò per benino, indossando le vesti di cercatrice di girasoli. Per poterli trovare, infatti, doveva prima di tutto entrare nello spirito di un girasole.
Pantaloncini gialli, maglietta a fiori gialli e calzini bianchi con ricami a girasole. Poi le sue immancabili scarpette da elfo: così le piaceva definirle, vista la forma affusolata in pittoresco stile fiammingo. Infine, quel capolavoro all’uncinetto che la Mamma Monica aveva finito di crearle giusto un paio di giorni prima: una borsa azzurrina, tutta piena di girasoli.
Così vestita di giallo e girasoli, avrebbe sicuramente attirato un campo intero di girasoli… anche in piena fuori stagione. Si sa che un girasole tira l’altro…
Per trovare i campi dei suddetti fiori, era necessario pedalare dalla parte opposta del suo giro abituale; ossia, in direzione di Sant’Arcangelo e San Savino. Era una strada a lei poco nota, che non aveva mai percorso in bici prima di allora. Il Babbo Antonello, nei suoi giri bighellonanti con il Signor Sauro, ci era stato più e più volte; e più e più volte (nella stagione giusta) era passato accanto ai girasoli. Dunque, il posto in cui vederli era quello giusto; solo la stagione stonava con il piano altrimenti perfetto.
In compagnia del Gatto Cappelletto, la Risolartista saltò sulla sua biciclettina fragolosa e si mise in marcia verso San Savino. Il Gatto aveva un buon motivo per fare quella gitarella tra i campi di girasole: sperava di trovarne qualcuno secco da cui prendere i deliziosi semi. Questi, infatti, sarebbero stati ottimi sui grissini che voleva preparare l’indomani. E, poi, prendere un po’ di aria fresca sfruttando un trasportatore gratuito era sempre un’occasione da cogliere al volo!
I primi chilometri non facevano ben sperare. Erano tutti un’alternanza di campi secchi, ormai mietuti e trasformati in balle di fieno che seccavano al sole. Se c’era un po’ di verde, era quello dell’erba medica, che faceva spuntare in quel periodo i suoi timidi fiorellini violetti. Le api sarebbero state contente di poterci fare il miele (l’erba medica è molto adatta per farlo), e i buongustai amanti di quella varietà amarognola ancor più.
La Risolartista, però, a vedere quella campagna così secca e sfiorita era decisamente meno contenta…
A consolarla c’erano gli orti dei contadini, che, almeno, erano accesi dal rosso dei pomodori maturi. Se non avesse trovato i girasoli, almeno avrebbe potuto immortalare sul suo quadernetto qualche grappolo di San Marzano o ciliegino…
Improvvisamente, il paesaggio decise di mutare. La stradina sterrata aveva appena abbandonato San Savino, procedendo verso il successivo paesello di Sant’Arcangelo. Se fino a poco prima era stato tutto un alternarsi di distese secche e ingiallite ed erba medica, il seguito sembrava assai più rigoglioso e vivo. Intanto c’erano i filari di viti ancora molto acerbe, che ravvivavano decisamente l’atmosfera. Poi, c’erano poderetti coltivati che spiccavano per il loro terriccio bruno, ben irrigato, e per gli ortaggi che li popolavano.
Tutt’attorno, i colli mettevano in mostra i loro bellissimi uliveti, dalle chiome verde scuro che spiccavano sul suolo tra l’ocra e l’arancione. Era un quadretto di campagna umbra che valeva un dipinto…
La Risolartista fermò la sua biciclettina, ormai sul punto di rinunciare alla sua caccia ai girasoli, scegliendo piuttosto di godersi quell’infusione di colori. Anche senza i suoi fiori prediletti, la natura del Trasimeno le aveva regalato un bellissimo paesaggio.
Quand’ecco che un girasole solitario spuntò.
Era proprio un girasole. Un girasole vero, anche se decisamente pigrone. Se aveva aspettato agosto per schiudere il suo bocciolo, si vede che non era un soggetto molto reattivo agli impulsi della stagione.
Tant’è, che la Risolartista era partita alla ricerca dei girasoli, e aveva trovato l’oggetto tanto desiderato della sua caccia. Non era un campo intero, ma ci si doveva accontentare: era già gran cosa averne trovato uno solitario ancora in giro!
Certo, con quel solo esemplare non si poteva sperare di passeggiare tra i fiori, come tanto avrebbe voluto. Pazienza… bisognava apprezzare quel piccolo sole di petali che l’aveva aspettata prima di sbocciare.
Per ringraziarlo come si doveva, l’artista prese il suo bel quadernetto, e cominciò a schizzarne su il contorno e i particolari. Prima il centro ricco di polline, poi la corolla di petali d’oro, infine lo stelo e le foglioline. A casa avrebbe terminato l’opera, acquerellando i segni neri tracciati con la china.
Prima di girare la biciclettina in direzione del paese, però, volle procedere ancora un pezzettino. La strada sterrata andava avanti, e non se ne vedeva la fine. Già che era arrivata fin lì, tanto valeva scoprire ancora un po’ di quel meraviglioso paesaggio lacustre.
Passarono forse cinque minuti, e la pedalata si arrestò di nuovo. E, questa volta per il motivo tanto sperato.
Un campo di girasoli.
Un campo di girasoli in petali e foglie.
Un campo di girasoli circondato dagli uliveti, come fosse il palco di un teatro greco.
Un campo di girasoli che era lì ad aspettarla; ad aspettare che i suoi piedini (già avvolti di girasoli sui calzini) ci passeggiassero sopra.
È il momento di ammettere che era un campo di girasoli ad agosto, e che, per quanto tardivo potesse essere, era piuttosto sfiorito.
Tuttavia, alla Risolartista non interessava. Il suo campo di girasoli c’era, e questo era l’importante.
Dovete immaginarvi, dunque, un campo un po’ diverso dal solito. Non si vedevano tondi color caffè che spiccavano al centro della cornice gialla. Non si vedevano nemmeno le foglie verde bottiglia, che di solito riempivano tutto lo spazio sottostante.
Niente di tutto ciò: non era questo un campo di girasoli di giugno. Era un campo di girasoli d’agosto.
L’unico color bruno caffè che si vedeva era quello delle zolle di terra; nessun cerchio marrone sembrava essere in vista. I petali, un tempo giallo vivo, erano diventati più tenui, quasi verdolini. Petali che, al posto di essere rivolti verso il sole (come il galateo del girasole richiederebbe), erano tutti chini su stessi. Pareva che preferissero guardare la terra, piuttosto che l’azzurro del cielo…
Quelle corolle piegate all’ingiù, però, erano uno spettacolo pari alla solita visione dei petali gialli. Semplicemente, era uno spettacolo diverso, come diversa era la stagione in cui ammirarlo. Ed era perfetto così.
Il Signor Vincent, nel suo dipingere i girasoli appassiti, aveva già capito tutto. I girasoli al termine della loro esistenza avevano un fascino ancora maggiore, dato dal loro possedere un’intera stagione di storie da raccontare. Tutti sanno apprezzare i bei fiori freschi; per poter cogliere il valore di quelli maturi occorre più attenzione e sensibilità. Nondimeno, il piacere che ne si può trarre è infinitamente maggiore…
E la Risolartista, passeggiando in quel campo di girasoli sfioriti, lo stava sperimentando, passo, dopo passo.
Lascia un commento